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Caltanissetta, parla il pentito: abbiamo imposto agli impresari pizzo, lavori e forniture

False dichiarazioni al pm aggravate dall’aver favorito la mafia

CALTANISSETTA. «A loro abbiamo imposto estorsioni, lavori e forniture». È il concetto che sintetizza la deposizione resa ieri dal collaborante Carlo Alberto Ferrauto (assistito dagli avvocati Vania Giamporcaro e Maria Carmela Guarino) al processo a quattro imprenditori accusati di false dichiarazioni rese al pm con l'aggravante di avere favorito la mafia. Sono Salvatore Tumminelli (avvocato Davide Anzalone), Giuseppe Pastorello (avvocato Salvatore Daniele), Gualtiero Riggio (avvocati Walter Tesauro ed Ernesto Brivido) ed Antonino Paponelli (avvocato Salvatore Caruso) ritenuti dal pm Stefano Luciani reticenti. Perché durante le indagini legate al dossier su mafia e appalti «Redde rationem», i quattro avrebbero negato di avere subito richieste estorsive dalla mafia. E ieri, il pentito ha deposto per videoconferenza dinanzi il tribunale presieduto da Antonio Napoli (a latere Claudio Emanuele Bencivinni e Alex Costanza).

«Conoscevo Pastorello - ha esordito all’esame del pm - da quando ero piccolo perché mio padre gli faceva impianti. Tra il 2001 e il 2002 ha costruito due edifici, uno via Leone Tredicesimo, l’altro in via San Pio da Pietrelcina. Il primo approccio, con lui, lo hanno avuto Pietro Riggio ed Aldo Riggi che hanno imposto le loro ditte, la mia, una di carpenteria e la ”Calcestruzzi spa”... lui per alcuni lavori, come quelli degli impianti termici e idraulici che poi ho eseguito io, aveva già altri contatti... poi Pastorello fu minacciato ”o mi dai i lavori o avrai conseguenze in cantiere... ed è solo per imposizione che ho fatto quei lavori, lui non me li avrebbe mai affidati». Il pentito ha aggiunto che «Pastorello pagò il pizzo, parte della somma la diede a Riggio, ma non so quanto versò, in genere era il 3 per cento». Poi ha spiegato che «anche Tumminelli subì imposizioni per un fabbricato che doveva realizzare in via Salvo D’Acquisto».

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