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Fallito agguato di mafia, otto persone a giudizio

Tra gli imputati vi sono il boss di Vallelunga, Giuseppe «Piddu» Madonia ed i «fratelli terribili» Pino e Vincenzo Cammarata

CALTANISSETTA. A quasi un quarto di secolo da una fallite imboscata di mafia, la partita giudiziaria è ancora tutta da giocare. Perché in otto, adesso, a 23 anni di distanza sono chiamati in udienza preliminare. Per un agguato, fallito per circostanze fortuite e non per volere dei killer, nel lontano 1992.

L’obiettivo, allora, è stato Rocco Filippo Riggio, fratello degli ex capi della Stidda di Riesi, Calogero e Salvatore Riggio, che poi negli anni Duemila hanno deciso di saltare il fosso avviando un rapporto di collaborazione con la giustizia. Ma allora, quando è scattata la missione di morte fallita contro Rocco Filippo Riggio, si stava combattendo una feroce guerra tra Stidda e Cosa nostra di Riesi che si contendevano, anche a suon di agguati, il predominio sul territorio.

Uno scenario che adesso, nella geografia mafiosa di quell’area, è un po’ mutato. Perché se a capo di Cosa nostra, per i magistrati, è sempre rimasta la famiglia Cammarata, nella Stidda tanto è cambiato.
Ora per quell’attentato che nel ’92 non ha colto il bersaglio, in otto - ai quali la procura ha affibbiato un ruolo di ”regia” o più o meno operativo - sono chiamati al cospetto del giudice per le udienze preliminari di Catania.

Su loro pende la richiesta di rinvio a giudizio per l’ipotesi di tentato omicidio che è stata avanzata dal sostituto procuratore di Catania, Jole Boscarino.
Accuse contestate al capo provinciale di Cosa nostra, il vallelunghese Giuseppe «Piddu» Madonia (difeso dall’avvocato Flavio Sinatra), sui due coloro sono stati ribattezzati i «fratelli terribili» di Riesi, Pino e Vincenzo Cammarata (assistiti dall’avvocato Vincenzo Vitello), l’ex boss di Gela, Carmelo Tasca (difeso dall’avvocato Giuseppe Testa), il capo storico di Cosa nostra legato al clan Santapaola, Francesco La Rocca (assistito dall’avvocato Domenico Cannavò), l’ex capomafia di Niscemi, ora dichiarante, Giancarlo Giugno (assistito dall’avvocato Filippo Croce), l’altro collaboratore di giustizia coinvolto nell’inchiesta, Antonino Pitrolo (difeso dall’avvocato Manuela Lanzafame) pure lui niscemese e, chiude il quadro, il gelese Pasquale Trubia (assistito dall’avvocato Flavio Sinatra).

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