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Accoltellò l'ex fidanzata, perizia sul macellaio niscemese

Il macellaio Vincenzo Manduca in primo grado è stato condannato all’ergastolo per il delitto di Lisa Puzzoli sua convivente e madre della loro bimba

CALTANISSETTA. È sferrandole nove fendenti, uno dopo l’altro, che l’aveva massacrata. Con mano ferma. La mano di un macellaio. Quella del niscemese Vincenzo Manduca. Un macellaio trentenne che d’improvviso s’è riscoperto assassino. Perché nel dicembre di tre anni fa ha ucciso - e lo ha pure confessato tanto da rimediare l’ergastolo in primo grado - la sua ex fidanzata, la ventiduenne Lisa Puzzoli sua convivente e madre della loro bimba. E adesso a chiarire se quando uccise a coltellate l’ex fidanzata era nel pieno possesso delle sue facoltà mentali, lo stabilirà una perizia psichiatrica. Che dovrà appurare se l’assassino sia in grado d’intendere e di volere. Lo ha disposto la corte d’Assise d’Appello di Trieste (presidente Piervalerio Rainotti) che conferirà l’incarico ad un esperto.

Per rispondere a un quesito che potrebbe risultare chiave in questo secondo processo che passerà per la riapertura dell’istruttoria dibattimentale. Manduca, in quel momento di follia, potrebbe avere agito perché le sue idee erano totalmente annebbiate. Questa, almeno, la teoria sollevata dalla difesa. Ma dalla ricostruzione degli inquirenti sarebbe emerso che il nisseno avrebbe agito non d’impeto ma con fredda premeditazione. Quel delitto – secondo il teorema accusatorio – lo avrebbe studiato a tavolino e poi lo avrebbe preparato in ogni sua fase. Prima procurandosi l’arma utilizzata per uccidere la donna e poi architettando uno stratagemma per spingere la sua ex nella trappola mortale.

Sì perché quel 7 dicembre del 2012 Vincenzo Manduca, che a quel tempo viveva a Santa Sofia di Forlì, si sarebbe messo in auto per compiere un viaggio di sei ore e più.

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