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Gli spari a San Cataldo «Non volevo uccidere, lui minacciò di morte»

SAN CATALDO. «Non volevo ucciderlo ma soltanto mettergli paura... ci minacciava di morte, non ne potevo più». Si difende, racconta una sua "verità", ma non basta a schiodarlo dal carcere. No, perchè il gip ha deciso che il sessantunenne di San Cataldo, Emilio Intilla, arrestato per avere fatto fuoco contro la porta di casa di vicini, deve rimanere in carcere.

Il gip David Salvucci, ieri stesso, ha disposto l' ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico dello sparatore sul quale pendono le pesanti ipotesi di tentato omicidio, danneggiamento aggravato, porto e detenzione illegale di armi. Se lui rimane in galera, il figlio no.

Perché il ventenne Vincenzo Intilla, pure lui come il padre difeso dall' avvocato Torquato Tasso, ha ottenuto gli arresti domiciliari. Ma con il permesso di potere uscire da casa dalle 7,45 del mattino fino alle sei del pomeriggio. In pratica è stato autorizzato a recarsi a lavoro. Il ragazzo, a differenza del genitore, è soltanto accusato di detenzione abusiva di arma. Perché, secondo la tesi di carabinieri e magistrati, avrebbe tentato di nascondere la pistola con cui il padre ha fatto fuoco. Una calibro 7,65 occultata sul tetto di casa, sotto alcune tegole.

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