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La protesta delle mogli degli ex operai dell'indotto Eni di Gela

GELA. «Siamo deluse perchè proprio dal governatore, figlio di Gela, ci aspettavamo quantomeno una risposta alla nostra accorata lettera di aiuto». Lo hanno dichiarato ai cronisti le mogli degli ex operai dell'indotto del Petrolchimico Eni che da alcuni mesi, riunite in comitato, sono scese in piazza per sollecitare il ritorno al lavoro dei loro mariti.

Sotto accusa il mancato rientro in fabbrica di tutto il personale delle imprese appaltatrici, fermo da oltre due anni. Non è ancora decollato completamente, infatti, l'annunciato progetto di riconversione «green» della raffineria Eni e altre opere per un investimento globale di 2,2 miliardi di euro.

Il grosso dell'Indotto (più di mille persone) continua a restare fuori. «Le famiglie non hanno soldi per fare la spesa nè per pagare le bollette di gas, luce e acqua: non ce la facciamo più», - dicono le donne che il 19 gennaio scorso hanno tenuto una fiaccolata di protesta e scritto una lettera al presidente della Regione, Rosario Crocetta, perchè intervenga presso il governo centrale e dia risposte concrete.

Ora sperano che le istituzioni locali, alle quali sollecitano la mobilitazione delle componenti politiche e sociali del territorio, possano accelerare i tempi di ripresa e di rilancio dell'economia e dell'occupazione nell'area industriale di Gela, per garantire «lavoro e dignità».

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