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È di Caltanissetta "l'untore", è accusato di aver contagiato 30 donne con l'Aids

Valentino Talluto

CALTANISSETTA. Per l’accusa non ci sono dubbi: Valentino Talluto, il sieropositivo originario di Caltanissetta accusato di aver contagiato volontariamente non meno di 30 donne deve essere condannato all’ergastolo. La richiesta è stata fatta dal pm Elena Neri ai giudici della terza corte di assise della capitale dove, per la prima volta in Italia, si celebra un processo in cui è contestato il contagio diffuso di Hiv. Epidemia dolosa e lesioni gravissime i reati attribuiti a Talluto il quale, nel corso del dibattimento, si è difeso negando di «essere un mostro».

Ma per il pm Neri all’imputato «non possono essere concesse le attenuanti generiche non avendo mai dimostrato pentimento». «Sono stato descritto come mostro ma chi mi conosce sa benissimo che non sono una cattiva persona. Quello che è stato scritto su di me non è vero», ha detto il 27 settembre l’imputato in aula nel corso di dichiarazioni spontanee.

«Talluto - ha aggiunto il rappresentante dell’accusa durante la requisitoria - non ha mai collaborato, ha reso false dichiarazioni, ha sempre negato ogni responsabilità anche di fronte all’evidenza: il suo era un modo per seminare morte». All’imputato sono contestati 57 casi tra contagi diretti (oltre 30), indiretti (un bimbo e tre partner di donne in precedenza infettate), ed episodi di donne scampate alla trasmissione del virus. A sostegno delle tesi accusatorie, il pm ha sottolineato che «tante delle persone che sono state contattate nel corso delle indagini ci sono state segnalate dall’ospedale Spallanzani perché contagiate dal sottotipo di virus dal quale è infetto Talluto». «Le abbiamo contattate una per una - ha detto ancora il rappresentante della procura - e puntualmente abbiamo scoperto che avevano avuto rapporti con Talluto dopo il 2006. Il laboratorio dello Spallanzani ci ha aiutato, visto che non ci ha aiutato Talluto e ne è uscito un panorama sconcertante».

Una parte delle vittime si è presentata spontaneamente agli inquirenti e ad altre persone contagiate si è arrivati grazie ai tabulati telefonici. E durante la requisitoria il pm ha voluto sottolineare come «questo non deve essere un processo alle ragazze che figurano come vittime. Loro rappresentano una generazione che non conosce l’Aids, che non conosce i morti per questa malattia, che la legano solo alla tossicodipendenza e ai rapporti omosessuali, e che usa i social network per allacciare relazioni e fare amicizie. Molte delle ragazze - ha aggiunto il pm - che hanno frequentato Talluto erano al loro primo rapporto sessuale e molte di loro si sono innamorate perché si fidavano, ai loro occhi appariva rassicurante e pieno di attenzioni, cercando di presentarsi a casa come il classico bravo ragazzo».

La corte presieduta da Evelina Canale emetterà la sentenza il 25 ottobre prossimo. Il processo si svolge a porte aperte, nonostante la delicatezza dei temi trattati per scelta degli stessi giudici i quali ritengono di grande interesse sociale la vicenda sulla quale dovranno pronunciarsi. Tra le parti civili costituite anche le associazioni «Differenza donna onlus» e «Bon't worry noi possiamo associazione onlus».

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