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Gela, lo spaccio della cocaina gestito dai minorenni: sette arresti

GELA. È stata scoperta un’organizzazione criminale che spacciava cocaina tra la Sicilia, la Lombardia, il Veneto, la Toscana e l’Emilia Romagna. È stato calcolato un giro di circa 40.000 euro al mese, con una media di guadagni di 1.500 euro al giorno.

Questa mattina i carabinieri del comando provinciale di Caltanissetta hanno effettuato perquisizioni e arresti tra Gela, Catania, Venezia, Lodi, Desenzano del Garda, Cecina, Ravenna e Ragusa. Sono sette le persone che sono finite in carcere: Giuseppe Agatino Barbagallo, di 22 anni, Vincenzo Cannizzo, di 40 anni, Crocifisso Di Gennaro, di 37 anni, Antonino Santonocito classe, di 64 anni, Almarin Tushja, di 28 anni, T.P., di 21 anni, C.M, di 20 anni.

Mentre è stato disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per R. M., di 32 anni. Infine è stato collocato in una comunità di recupero S.S., di 20 anni. Tutti dovranno rispondere a vario titolo dei reati di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, cessione, trasporto, detenzione illecita di stupefacenti, intestazione fittizia di beni in concorso.

Dalle indagini sarebbe emerso che a capo dell’organizzazione criminale ci sarebbe Crocifisso Di Gennaro che ha scelto come punto di spaccio della cocaina i bar Crius in via Palazzi al civico 64 a Gela. Le indagini sono partite nell’ottobre 2014 e scoperto il coinvolgimento di alcuni minorenni, che lavoravano come pusher dell’organizzazione

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti il braccio destro di Di Gennaro è Vincenzo Cannizzo. Lui avrebbe fatto da mediatore tra Di Gennaro e  i pusher T.P. ed il figlio minorenne. Cannizzo avrebbe gestito anche una sua rete di giovani spacciatori di cocaina.

I canali di approvvigionamento Di Gennaro sarebbero i catanesi Antonino Santonocito, Giuseppe Agatino Barbagallo e l’albanese Almarin Tushja legato alla zona di Santa Croce Camerina. In un primo momento, la centrale di spaccio era a casa di Di Gennaro successivamente è stata spostata nel gennaio 2015, presso il “bar Cruis”.

Nel bar di via Palazzi s’incontravano gli spacciatori e i clienti. Il bar stesso è stato intestato fittiziamente alla moglie di R. M., per eludere l’applicazione di ogni disposizione in materia di misure di prevenzione patrimoniali.

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