ROMA. La differenza "fra imbroglioni come Patò del passato e quelli di oggi, è evidente, basta aprire un giornale. Oggi fanno gli imbrogli ma non scappano, stanno in mezzo ai piedi tutti i giorni". Lo ha detto Andrea Camilleri parlando de La scomparsa di Patò di Rocco Mortelliti, con Neri Marcoré, Nino Frassica e Maurizio Casagrande, il primo film che porta al cinema un romanzo (uscito nel 2000) dello scrittore siciliano.
La pellicola, di cui Camilleri è anche cosceneggiatore, aveva debuttato nel 2010 al Festival di Roma e uscirà il 24 febbraio in 30 sale, distribuita da Emme Cinematografica. Il giorno prima, ci sarà per Camilleri un altro debutto, quello su Rai1 della fiction Il giovane Montalbano, serie-prequel in sei puntate delle avventure del celebre commissario, di cui è cosceneggiatore con Francesco Bruni. Michele Riondino (che interpreta il giovane Montalbano, ndr) "é un bravissimo attore e questo è stato un lavoro collettivo di dignità pari al classico Montalbano - sottolinea Camilleri -. E' una scommessa in corso d'opera, che ho accettato fra due serie dell'altro. Sono molto curioso di vedere come reagirà il pubblico, il livello èottimo".
In La scomparsa di Patò la storia, ambientata in Sicilia, nell'ormai leggendaria Vigata, ma del 1890, si seguono le indagini del maresciallo siciliano Paolo Giummaro (Frassica) dei reali Carabinieri e di Ernesto Bellavia, un delegato di pubblica sicurezza napoletano (Casagrande) sulla misteriosa sparizione dell'apparentemente irreprensibile direttore di banca Antonio Patò (Marcoré), un venerdì santo, durante la rappresentazione in Piazza della passione di Cristo. Investigazioni che porteranno a molte sorprese scomode e la necessità di 'aggiustare' la verità.
"Quando uscì il libro per Rocco fu amore a prima vista - spiega Camilleri -. Io sul film ci ho messo mano pochissimo come metto mano poco nelle sceneggiature per la televisione. Se ci sono buoni sceneggiatori (qui firmano con lui Mortelliti e Maurizio Nichetti) sono loro i migliori traduttori in immagine, l'autore avrebbe idee diverse e probabilmente sbagliate". Lo scrittore spiega che "il romanzo nasce da tre righe di Sciascia, alla fine di Ciascuno il suo, sulla scomparsa di un certo Patò. Da lì ho raccontato la tentazione che tutti noi abbiamo di mollare tutto e scomparire, almeno una volta nella vita. Patò che è un finissimo farabutto, lo realizza fregando anche la mafia. Poi mi interessava parlare della supponenza e la stupidità del potere che vuole un certo fatto venga visto coi propri occhi".
Mortelliti (che è anche genero di Camilleri, avendo sposato sua figlia Alessandra, che nel film interpreta la moglie di Patò) spiega: "Abbiamo voluto mantenere il magnifico linguaggio del romanzo. L'unico elemento diverso è che invece di due siciliani a indagare ho messo un siciliano e un napoletano, che deve pian piano capire un mondo che non conosce. Rappresenta lo sguardo dello spettatore". Secondo Marcoré "i Patò di oggi, guidano le navi, fanno i politici. A fine '800 se scappavi magari non ti trovavano neanche se andavi a 30 km di distanza, la differenza con oggi e' che c'é internet, pure se vai nell'isoletta sperduta del Pacifico può capitare che arrivi Chi l'ha visto". Interpretare farabutti " è più divertente - dice - e Patò è l'emblema italiano contemporaneo, anche se la storia è ambientata a fine '800 in Sicilia. Non trovare i responsabili, fa parte della nostra tradizione. Abbiamo visto che un politico tedesco si e' dimesso in cinque minuti da noi è un palleggio eterno". A proposito infine di un possibile approdo di Montalbano al cinema, Camilleri risponde sorridendo: "E perché? Per ora mi sembra si trovi benissimo in televisione".
Caricamento commenti
Commenta la notizia