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Claudio Amendola e il suo debutto alla regia: sogno, sport e amicizia i miei tre temi preferiti

ROMA. Claudio Amendola l'ha pensata bene: esordire con "La mossa del pinguino" una commedia dai risvolti melò e spirito romanesco dove ci sono «il sogno, lo sport e
l'amicizia» tre temi preferiti dal neoregista. La storia racconta appunto di un sogno: quello di quattro perdenti a cui non mancano la voglia ancora di credere e sperare, che decidono di riscattare le loro vite inventandosi, da un giorno all'altro, giocatori di curling per le Olimpiadi invernali di Torino 2006. Esce in sala, in 200 copie, distribuite da Videa. Questi i personaggi in scena. Bruno (Edoardo Leo), un sognatore da sempre, uno che si entusiasma per qualunque cosa sia strambo. Ama la moglie Eva (Francesca Inaudi) e suo figlio ma non per questo, lui che è disoccupato cronico, si ferma di fronte a una nuova avventura. Salvatore (Ricky Memphis) è il migliore amico di Bruno che lo coinvolge con il suo entusiasmo. Anche lui precario, è una persona molto buona con tanto di padre anziano in casa che cura con grande amore. Neno (Antonello Fassari), sessanta anni, è invece uno spaccone, ma il numero uno al biliardo. Uno che vive delle glorie del passato e che si sente sempre un ragazzo. Ottavio (Ennio Fantastichini), infine, è un pensionato ex vigile urbano che troverà più di un beneficio nel far parte del quartetto. Quando a Bruno viene l'idea di fare una squadra di curling (l'ispirazione gli viene quando si ritrova a ramazzare un ufficio insieme a Salvatore) non sa neppure bene cosa sia questo sport, ma in poco tempo, grazie anche a delle pentole a pressione piene di piombo (che fanno la funzione delle stones) i quattro si cominciano ad allenare. Allenamenti improbabili che però li portano ad arrivare alle qualificazioni italiane che per loro, perdenti a vita, è già la più grande delle vittorie. «Era tanto che pensavo alla regia. Quando hai la fortuna di lavorare con tanti registi diversi come è capitato a me per 33 anni alla fine diventa un tirocinio - spiega Amendola del film già passato al Festival di Torino -. Per me - aggiunge - come si vede in questo film che ho sceneggiato insieme a Edoardo Leo, Michele Alberico e Giulio Di Martino, sono importanti i rapporti umani, cose che nella realtà stiamo perdendo». Una scuola di regia è arrivata ad Amendola anche da Steno. «C'è stato un periodo in cui andavamo tutte le sere a cena e lui mi diceva sempre "quando i pupazzi funzionano non bisogna fare niente altro". Una cosa che ho applicato alla lettera». La vittoria de "La grande bellezza"? «Speriamo faccia bene al cinema italiano è un film che ho amato al cinquanta per cento, ma che capisco abbia vinto l'Oscar». Da parte del neo-regista anche un piccolo sfogo:«Il calcio non lo amo più come prima. Troppo business, violenza, scandali e stadi chiusi. Resto però tifoso della Roma. Amo ora dello sport più quelle discipline in cui si lavora quattro anni per raggiungere un mezzo centimetro in più». Claudio Amendola, impegnato ora nella sesta stagione de i
Cesaroni, non nasconde infine che ha più di un progetto nel cassetto per quanto riguarda nuove regie, ma il film su calciopoli, non lo farà più:«Ho scoperto che quasi tutti i produttori hanno una squadra di calcio». Fonte di ispirazione de "La mossa del pinguino" «sicuramente Full Monty».

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