PALERMO. Numeri bulgari e share al galoppo. Con «Il commissario Montalbano», la Rai va sul sicuro, perfino le repliche super replicate (siamo al passaggio numero 103) fanno il loro dovere: lunedì sera «La danza del gabbiano» ha raccolto quasi 5 milioni di telespettatori - e siamo ad agosto - mentre la settimana precedente «La luna di carta» aveva sfiorato i 4: non male per dei bis estivi.
Un giochetto da ragazzi, se gli episodi nuovi hanno sempre battuto gli avversari delle altre reti, si chiamassero «Le tre rose di Eva» o «Squadra antimafia», cioè prodotti con un loro ampio seguito di «affictionati». La serie, insomma, è un rullo compressore anche quando il commissario di Vigata appare imbolsito nonostante il nuoto, quando perde colpi come poliziotto e scende dal piedistallo di partner fedele, indirizzando i suoi fervori sessual-amorosi verso una giovane studentessa un po' gattamorta. Ma lui è come Virna Lisi in una pubblicità degli anni Sessanta: con quella bocca può dire ciò che vuole, al pubblico piace.
Volete allora dar torto a un povero direttore Rai come Giancarlo Leone che aveva giurato l'anno scorso a ottobre, dopo l'ultima replica, che i telespettatori avrebbero dovuto aspettare almeno due anni prima di vedere il commissario nato dalla penna di Andrea Camilleri ancora sullo schermo? «Si chiude un ciclo di successo», aveva aggiunto. Ma nell'allestire i palinsesti estivi ha fatto marcia indietro, decidendo di riproporre i migliori otto episodi delle nove stagioni, iniziate il 6 maggio del 1999 con «Il ladro di merendine» e terminate sempre il 6 maggio ma del 2013 con «Una lama di luce».
Il nostro commissario è un prodotto senza confini che fa un miliardo di spettatori nel mondo e non si può tenere negli scaffali, è un asso da calare, perché non tradisce perché non si consegna mai all'abitudine. Ma cosa avrà mai questo signore che abita in una casa sul mare, in pieno spregio alla legge Galasso? Proprio qui potrebbe stare il segreto del suo successo, a parte quello scontato che riscuote con le donne: è come tutti, uguale a tutti gli italiani. Nel corso degli anni ha superato i suoi tabù, tipo quello «mi spezzo ma non mi spoglio» e finalmente, a un certo punto, a grande richiesta, ha tradito Livia: una scappatella salutare per certi rapporti stagnanti e gradito dall'esercito di donne invaghite di Montalbano, anzi di Zingaretti. Il nostro cinquantino malinconico, fragile e incapace di maneggiare i sentimenti come tanti, ha ormai raggiunto un tale livello di popolarità e affidabilità per cui appena un episodio si affaccia nelle case, milioni di italiani, automaticamente, si siedono a ri-vederlo. Anche quando il personaggio inizia ad accusare colpi evidenti, l'affezione degli italiani rimane solida e sopporta perfino lo smalto inferiore di un lavoro che in qualche momento vira più in direzione soap e lascia indietro quel sapore letterario che è sempre stato il suo tratto distintivo.
Anche la Sicilia gioca a nascondino: l'arancio della sua terra bruciata e il blu del suo mare si vedono un po' meno ma rimane sempre irreale, deserta, arcaica. Camilleri non ci pensa a smettere di scriverne, Luca Zingaretti ci aveva pensato ma poi ci ha ripensato, Leone gongola proprio perché ci ha ripensato. Tutti d'accordo: è Montalbano, bellezza. Con le sue nuotate, i suoi vezzi, le sue mangiate, le sue scelte talvolta ambigue ma quasi obbligate per chi deve fare quadrare i conti in Sicilia.
Montalbano, numeri record pure con i bis
A dispetto delle recenti promesse fatte, anche quest’estate RaiUno è ricorso al personaggio inventato da Andrea Camilleri per risollevare i propri ascolti
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