CALTANISSETTA. È stato un falso allarme ma, quanto meno, è servito da prova generale per affrontare – nel caso ve ne fosse mai bisogno – quella che viene definita ormai la più grave emergenza sanitaria del secolo. A mettere in moto tutto un iter che si rifà alle linee guida diramate dal Ministero della Salute è stato l’arrivo al pronto soccorso dell’ospedale Sant’Elia di un ragazzino del Marocco con febbre alta e perdita di sangue dal naso.
Il pensiero, forse per un comprensibile eccesso di scrupolo, è corso subito all’ebola, la cui sintomatologia è, per certi versi, simile a quella presentata dal ragazzino. Da quel momento sono scattati i dispositivi di sicurezza previsti da ferrei protocolli con un lavoro di equipe che ha coinvolto, oltre i medici dell’Unità Operativa di Medicina e Chirurgia di Accettazione e Urgenza (Mcau), anche i medici delle Malattie Infettive e interessato la direzione medica di presidio subito messa al corrente del caso. Non di ebola fortunatamente si trattava ma di una semplice tonsillite.
Ma il perché di tanta preoccupazione è presto spiegato. Il bimbo, dodicenne, era tornato da alcuni giorni da un viaggio in Marocco dove si era recato per andare a trovare i parenti. Tornato in aereo, dopo qualche giorno, ha cominciato ad avere febbre altissima, dolori alla testa e alle ossa, finché la scorsa notte è cominciato anche ad uscire del sangue dal naso. In realtà in Marocco non si è mai verificato alcun caso di ebola, tanto che la nazione maghrebina non figura tra quelle a rischio, ma la precauzione in questi casi, si sa, non è mai troppa. E così il medico di guardia in pronto soccorso ha proceduto immediatamente ad isolare il bambino, così come avviene per altri casi di malattie virali in genere, nel cosiddetto “acquario”, una stanza con pareti a vetri collocata all’interno del reparto di emergenza.
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