CALTANISSETTA. Truffa ai danni di una società di finanziamenti. Questa l’imputazione che ha trascinato sotto accusa un promoter finanziario e che, in primo grado, gli è pure costata l’affermazione di responsabilità. Ma in appello l’impianto accusatorio non ha più retto. E lui è stato assolto con formula piena. Dal buio pesto della colpevolezza alla luce dell’innocenza è passato di mezzo un secondo procedimento. Già perché lui, il procacciatore d’affari Salvatore Messina, dal primo dibattimento ne è uscito con la condanna a quattro mesi per al truffa.
Ma adesso la corte d’Appello presieduta da Salvatore Cardinale, accogliendo la tesi dell’avvocato Maria Francesca Assennato, ha annullato il precedente verdetto di colpevolezza. Mentre la procura generale ne ha chiesto la conferma. E il colpo di spugna è stato netto. «Non ha commesso il fatto», la motivazione con cui l’imputato s’è visto scrollare di dosso il primo pronunciamento che, invece, lo aveva inchiodato su precise responsabilità.
È nel marzo di sette anni addietro che i fatti in questione si sono verificati. È stato allora che qualcuno sì è rivolto ad una società finanziaria per chiedere il pagamento di biancheria da corredo. La società ha istruito quella pratica senza particolari difficoltà. Richiedendo gli incartamenti di rito che vanno presentati: documento d’identità, busta paga e altre attestazioni sul reddito. Seguendo il normale iter la finanziaria, esperiti i dovuti accertamenti, non ha avuto particolari difficoltà a concedere quella forma di prestito. Liquidando alla ditta venditrice l'intero importo, per rivalersi sull’acquirente attraverso pagamenti pattuiti secondo un preciso piano di rateizzo.
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