GELA. «Mia nipote finalmente non sta male. Sicuramente ci sta guardando da lassù mentre gusta un gelato molto probabilmente al cioccolato. Ci ha insegnato ad avere forza d’animo, soffriva in silenzio e chiedeva scusa perché era convinta che con il suo continuo mal di testa potesse arrecare disturbo. Voleva fare la pasticcera, la pediatra, la biologa marina, la ballerina. Aveva tanti sogni. Adesso non è più in un mare in tempesta, ma ci guarda da un posto tranquillo».
Lo zio la ricorda così la piccola Margot, una bimba che sicuramente si faceva notare per la sua allegria e spensieratezza e che è stata strappata alla vita troppo presto, quando era alla «sua primavera», quando cominciava a sognare e aveva il diritto di vivere ed essere felice.
Nessuna omelia, nella chiesa San Giacomo a Gela da parte del parroco «perché – ha detto – c’è tanta, tantissima rabbia ma è una rabbia piena d’amore. Il mondo innocente dei bambini, noi adulti non possiamo comprenderlo». Una chiesa gremita, per l’ultimo e straziante saluto alla piccola Margot.
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