RIESI. Rito abbreviato per il confesso parricida e il cognato. Lo hanno chiesto ieri, ma d’altronde ai magistrati non avevano nascosto il loro coinvolgimento, il ventottenne di Riesi, Rocco Tabbì (difeso dagli avvocati Sergio Iacona e Giuseppe Dacquì) e il cognato, l’operaio trentaseienne pure lui riesino Angelo Bartoli (difeso dagli avvocati Giovanni Maggio e Michele Ambra). I due all’alba del 10 dicembre dello scorso anno hanno sparato e ucciso l’agricoltore cinquantasettenne Francesco Tabbì, padre di Rocco. Non lo hanno negato ai magistrati nel momento in cui dopo il loro arresto, scattato a quattro giorni dall’imboscata, sono stati interrogati.
Lo stesso Tabbì junior avrebbe poi indicato agli inquirenti dove aveva gettato la pistola utilizzata per l’agguato al padre, un revolver Tanfoglio. Ma anche il cognato, che invece ha imbracciato un suo fucile da caccia regolarmente detenuto, ha fatto recuperare l’arma che aveva infossato in un terreno della madre.
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