GELA. A Gela c'è una Capitaneria di porto senza un porto. Lo scalo marittimo commerciale di contrada Caricatore ha l’imboccatura di nuovo non navigabile perché la sabbia ha ridotto il fondale a 40 cm di profondità. Il comandante, Pietro Carosia, ha ordinato di trasferire anche le imbarcazioni più piccole nella vicina Licata, in provincia di Agrigento, dove trovano ospitalità già da tempo le motovedette della Guardia costiera gelese.
Il problema, che si trascina da decenni, è l’insabbiamento dei fondali. L’economia marittima è bloccata: dalla pesca all’attività del cantiere navale, dai mezzi di sicurezza e di tutela ambientale che fanno da supporto al pontile del petrolchimico alla vigilanza a mare delle forze di polizia. Gli operatori marittimi, riunitisi in comitato, hanno presidiato a lungo con posti di blocco l’area portuale. Una protesta che ha prodotto un risultato modesto: un intervento d’urgenza di dragaggio dell’imboccatura del porto che ha permesso la creazione di una sorta di corridoio per la profondità di due metri e mezzo. Ma nel girono di pochissimi mesi la situazione è ritornata peggio di prima. Non si entra e non si esce dal porto rifugio.
Il progetto per l’ampliamento della importante infrastruttura è bloccato alla Regione. Al porto-isola dell’Eni (non ancora completamente ricostruito dopo vecchie mareggiate che ne hanno distrutto la diga foranea) possono ormeggiare solo piccole petroliere. Così, oggi è scattata la protesta del sindaco, che ha scritto al governo regionale lamentando i ritardi nell’invio della documentazione a Roma, e del comitato del Golfo di Gela che chiede al governatore Nello Musumeci di convocare un incontro urgente con il dipartimento della Protezione civile regionale.
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