Con i provvedimenti «Split Payment» e «Reverse Charge» l’Europa e lo Stato italiano stanno combattono la lotta all’evasione dell’Iva, ma il ritardo nel fare fronte alle richieste di rimborso dei contribuenti rischia di far morire aziende in aree di crisi come quella complessa industriale di Gela. Lo afferma l’avvocato Antonino Ficarra in rappresentanza di un centinaio di autotrasportatori gelesi appartenenti a cooperative, consorzi o associazioni temporanee di imprese individuali che operano su commesse dell’Eni con un volume d’affari di circa 10 milioni di euro annui che «vanno perso il dissesto». In una lettera aperta a Ue, governo italiano e Regione Siciliana il legale spiega che le aziende dell’Eni pagano il trasporto delle loro merci con fattura alle varie organizzazioni dei camionisti, ma senza Iva (split payment), che invece viene versata direttamente allo Stato (reverse charge). Il problema sorge nel momento in cui ogni autotrasportatore deve incassare la sua quota-parte dei viaggi, fatturando con Iva ai rispettivi consorzi, cooperative o Ati, come vuole la legge. Ma è Iva non dovuta perché mai incassata. Perciò all’Agenzia delle entrate viene presentata richiesta di un rimborso che dovrebbe avvenire entro 90 giorni. Invece in Sicilia i tempi di attesa sono mediamente di 10-12 mesi. «Gli autotrasportatori di Gela - dice uno dei dirigenti dei consorzi - non sono in grado di anticipare 2,2 milioni di euro l’anno né di pagare i relativi interessi bancari e rischiano di dichiarare bancarotta». «Chiediamo al governo centrale - aggiunge - di rendere efficienti gli uffici provinciali dell’Agenzia delle entrate in Sicilia per impedire quella che appare una vera e propria doppia tassazione che si produce tra il pagamento della stazione appaltante dell’Iva, la fatturazione del consorziato ed il rimborso della stessa Iva».