È per armi che sarà giudicato. Una contestazione piovuta quasi per caso sul suo capo, dopo l'intervento dei carabinieri che erano arrivati in casa per una lite tra lui e la sua convivente. Ma, durante la «visita» dei militari dell'arma è saltato fuori un piccolo arsenale che, in quel frangente, è costato l'arresto sia a lui, che al padre poi uscitone fuori.
E il suo sarà un procedimento in abbreviato. È stata la contro-scelta alla proposta di rito immediato chiesto dalla procura nei confronti di un operaio di Santa Caterina accusato di detenzione illegale di armi.
È il trentacinquenne Antonio Marco Gangi (difeso dagli avvocati Dino Milazzo e Salvatore Amato) che, nella fase iniziale della vicenda è finito nei guai insieme al genitore (quest'ultimo assistito dall'avvocato Pietro Pistone), nei confronti del quale, però, la quasi totalità delle contestazioni sono cadute nel momento in cui la sua posizione è passata al vaglio del tribunale del riesame.
Adesso è solo il figlio che è stato tirato in ballo per un piccolo arsenale che nel settembre dello scorso anno aveva cacciato entrambi nei guai. Lui, Gangi junior, che peraltro poi ha ottenuto dallo stesso tribunale gli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico al polso. In quella sera di settembre dello scorso anno, dopo l'intervento per la lite tra la coppia, i militari hanno perquisizioni abitazioni riconducibili a padre e figlio, tra San Cataldo, Santa Caterina e il capoluogo.
Durante quelle ispezioni sono saltati fuori un fucile «Breda» calibro 12 con matricola abrasa, una pistola revolver «Smith & Wesson» che poi s'è rivelata rubata - frutto di un furto che è stato consumato nel gennaio scorso a Santa Caterina - completa di 34 cartucce calibro 38 special, due pistole a salve modificate e altri pezzi di fucile, tra cui una canna e due calci.
È per queste armi, ritrovate dai carabinieri, durante quella «visita», che Antonio Marco Gangi sarà processato con il rito abbreviato.
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