La Cassazione chiude le porte in faccia a un presunto killer. Sì, perché ha rigettato la richiesta di revoca della misura cautelare che dal dicembre dello scorso anno lo sta inchiodando in cella per omicidio. E in carcere era e lì rimane.
Così ha deciso la Suprema Corte in relazione al ricorso avanzato dal ventinovenne di Riesi, Michael Castorina (assistito dall'avvocato Vincenzo Vitello) accusato di essere stato il killer che ha fatto fuoco per uccidere il trentottenne Salvatore Fiandaca, assassinato a colpi d'arma da fuoco il 13 febbraio dello scorso anno.
Secondo il teorema accusatorio il ragazzo avrebbe imbracciato un fucile con cui avrebbe esploso tre colpi che non hanno lasciato scampo alla vittima.
Nel gennaio scorso anche il tribunale riesame non ha accolto l'istanza dello stesso sospetto sicario. E ancor prima un altro coinvolto nell'inchiesta, un altro giovane di Riesi che avrebbe procurato l'arma per l'agguato, s'è visto respingere l'appello, anche se in relazione alla sola arma. Sì, perché per omicidio il provvedimento era stato già annullato.
Di contro l'ordinanza è rimasta in vigore per Castorina. Anche se la difesa ha chiesto l'incidente probatorio per accertare tecnicamente, con una perizia, che il giovane, il giorno dell'agguato a Fiandaca, si trovava a Mazzarino. Un alibi che ha già prospettato diverso tempo addietro.
Sì, perché anche al momento dell'interrogatorio, così come poi al «Riesame», l'arrestato ha riferito ai magistrati che il giorno dell'uccisione di Fiandaca, lui si sarebbe trovato a Mazzarino perché lì, la sua compagna, aveva prenotato una visita medica ambulatoriale.
E il suo telefono cellulare avrebbe agganciato una cellula di Mazzarino dopo le undici e mezzo del mattino di quel 13 febbraio di un anno fa, giorno in cui, in contrada Spampinato, la vittima designata è stata trucidata.
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