È solo per difendersi da una spedizione punitiva che avrebbe sferrato una coltellata al nipote. Che, nel concreto, ora come allora s'è tradotto in un nuovo verdetto assolutorio. Quello che, in appello, è stato emesso adesso e che ha ricalcato il precedente pronunciamento del giudice enunciato esattamente due anni fa. Così s'è chiuso anche questo secondo passaggio in aula a carico dell'impiegato quarantaseienne Giuseppe Lo Cicero (difeso dall'avvocato Calogero Buscarino) chiamato di nuovo sul banco degli imputati per lesioni aggravate. È stata la procura generale ad impugnare la sentenza assolutoria emessa il 30 giugno di due anni addietro, chiedendone la radicale riforma nei confronti dell'imputato. E già in primo grado il pubblico ministero ha chiesto la condanna a un anno di reclusione. Ma il giudice, allora, lo ha ritenuto non punibile e lo ha assolto "perché il fatto non sussiste". Anche adesso la procura generale ha proposto la pena a un anno a carico dell'imputato. Ma la corte d'Appello presieduta da Pasqua Seminara ha condiviso - è la seconda volta in questo processo - la tesi difensiva che ha ritenuto il fatto non sussistente. Il nipote dell'accusato, il ventiseienne Gaetano F. (assistito dall'avvocato Davide Schillaci), si è poi costituito parte civile nei confronti del parente. L'articolo completo nell'edizione della Sicilia Orientale del Giornale di Sicilia di oggi.