È salito sul pretorio ridimensionando i secchi affondi che hanno dato l'input al dossier, nome in codice «Perla nera», incentrato su appalti pubblici che, secondo la tesi accusatoria, sarebbero stati truccati. Sono state le sue dichiarazioni, quella rese ai magistrati il 20 aprile del 2012 e il 6 marzo del 2014 dall'imprenditore Mario Panepinto titolare dal 1997 della «Mp costruzioni» (assistito dall'avvocato Salvatore Amato) ad accendere i riflettori sulla presunta esistenza di un sistema illecito di aggiudicazione ed esecuzione degli appalti di somma urgenza per la costruzione di strade e manutenzione delle fognature ed i cottimi fiduciari per manutenzione di scuole, uffici pubblici e altro ancora.
E quei lavori, secondo le sue precedenti dichiarazioni sarebbero stati aggiudicati a trattativa privata con il minimo ribasso a quelle imprese che sarebbero risultate «gradite» all'Ufficio tecnico comunale. Sistema che, secondo il teorema accusatorio, avrebbe ruotato attorno alla figura di un funzionario del settore tecnico di palazzo del Carmine, Giorgio Salamanca (assistito dall'avvocato Alberto Fiore) e, per un aspetto legato a una presunta tentata concussione in concorso, con l'imprenditore nel settore di lavori stradali, Calogero Cancemi (assistito dall'avvocato Walter Tesauro).
Che sono le due posizioni sui cui s'è incentrata la deposizione resa ieri dall'imprenditore che, secondo la tesi accusatoria, con il funzionario comunale avrebbero gestito una società di fatto, nel settore edile, con il professionista che si sarebbe occupato delle procedure amministrative per le gare, mentre l'impresario si sarebbe occupato della parte operativa dei lavori.
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