Tre misure cautelari, una delle quali per gli arresti domiciliari, e due aziende di Gela sequestrate per un valore di 6 milioni di euro per trasferimento fraudolento di valori: è il bilancio dell’operazione della Guardia di finanza di Gela e della Sezione di Polizia giudiziaria. Sono accusati di essere i prestanomi delle società commerciali al fine di eludere le misure di prevenzione.
L’indagine origina dall’approfondimento investigativo di diverse vicende societarie che hanno visto i tre indagati, più altri due, non raggiunti da misure cautelari, mettere in atto un piano finalizzato a cedere fittiziamente la titolarità delle quote di due società commerciali per eludere le misure di prevenzione.
Uno degli indagati, l’imprenditore sessantenne agli arresti domiciliari, era stato sottoposto, nell’ambito dell’operazione «Tagli pregiati», dal 2010, alla sorveglianza speciale con il divieto di soggiorno di tre anni, decisa nel 2008 dal tribunale di Caltanissetta.
Era titolare di due società attive sul territorio gelese nel settore del commercio all’ingrosso di carni fresche e degli autotrasporti per conto terzi che, sempre a seguito della stessa operazione, erano state sequestrate. Con il tempo ha costituito due nuove società con lo stesso oggetto sociale delle precedenti ed operanti nella stesse sedi legali costituite rispettivamente nel 2010 e nel 2011, facendo confluire nel corso degli anni tutte le quote agli altri due complici e non figurando nelle rispettive compagini societarie se non come lavoratore dipendente per evitare di incorrere, come è previsto anche dalle norme di legge che compongo il Codice antimafia, in una confisca per equivalente delle società.
Le indagini hanno infatti dimostrato come i detentori delle quote societarie non fossero altro che "teste di legno" manovrate e dirette comunque dall’imprenditore sottoposto agli arresti domiciliari, confermato dal fatto che i titolari delle quote nel tempo non risultano aver mai dichiarato di percepire reddito nè avere avuto analoghe disponibilità.
La gestione di entrambe le società e la disponibilità diretta della quasi totalità dei rapporti bancari e quindi delle disponibilità di denaro, utilità dei beni mobili ed immobili, erano nelle mani dell’imprenditore, venendo utilizzate non solo per la gestione delle società, ma anche per finalità personali quali pagamenti di ristoranti, alloggi presso strutture alberghiere, abbigliamento, telefonia e auto di lusso, tra cui una Porsche Macan S.
Una gestione che ha permesso nel tempo di realizzare un patrimonio attivo complessivo di circa 6 milioni di euro. Entrambe le società sono state sottoposte al sequestro preventivo con tutto il complesso di beni mobili, immobili, partecipazioni societarie e disponibilità finanziarie e poste in amministrazione giudiziaria. (AGI)
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