«Quella dell’amministratore giudiziario è una figura che non può essere amata e non sarà mai amata».Ruota attorno a questo tema l'intervento dell'avvocato Sergio Monaco, legale dell’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, imputato nel processo sul cosiddetto «Sistema Saguto», ripreso questa mattina all’aula Bunker di Caltanissetta. Per il legale, il suo assistito avrebbe anticipato denaro per il pagamento dei suoi collaboratori, indispensabili per il funzionamento della struttura.
Il processo ruota attorno alla presunta gestione illecita della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo durante la presidenza di Silvana Saguto, magistrato accusato di corruzione e radiato dalla magistratura proprio a seguito dell’inchiesta.
«Il lavoro di amministratore giudiziario è un lavoro difficile - ha continuano il penalista - perché l’avvocato Cappellano Seminara doveva assumere, doveva licenziare, doveva essere l’interfaccia dell’autorità giudiziaria. È anche una figura molto invasiva. Perché si presenta alle aziende che vengono sequestrate e che poi deve amministrare con un suo criterio. Un amministratore giudiziario non può accontentare nessuno. Ognuno a casa propria organizzerebbe le cose alla propria maniera. È naturale poi - ha aggiunto il difensore - che l’amministrazione giudiziario si deve avvalere di collaboratori e che questo ha dei costi. Cappellano Seminara creò una struttura stabile di collaboratori con persone dedicate solo a quel tipo di lavoro. Queste persone vivevano con le liquidazioni e con i tempi che la giustizia impiegava per corrisponderle. E allora Cappellano Seminara preferiva mantenere una struttura efficiente e anticipare di tasca propria quelle che erano le esigenze dei collaboratori pur di assicurare efficacia e operatività alla sua struttura. Anticipazioni che - ha osservato il penalista - avrebbe recuperato al momento dei pagamenti. Il funzionamento di questa struttura è stato illustrato da diversi testi».
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