Caltanissetta

Venerdì 22 Novembre 2024

Uccisa a Bologna, parla la cugina: «Così Alessandra si sacrificava per gli altri»

Alessandra Matteuzzi

«Era una bella persona: forse è stata proprio questa bontà che non gli ha permesso di vedere il diavolo che aveva davanti. E quando se ne è accorta ed è andata a fare la querela, era tardi»: così Sonia Bartolini, avvocato a Pavullo nel Frignano e cugina di Alessandra Matteuzzi, ricorda in un’intervista all’Agi la donna di 56 anni uccisa martedì sera sotto casa a Bologna dal 27enne ex Giovanni Padovani, calciatore in forza a una squadra siciliana, la Sancataldese, ora in carcere con l’accusa di omicidio aggravato dallo stalking. Sonia non si dà pace e vuole raccontare chi era veramente Alessandra, vittima di quello che lei definisce «un amore malato». Nell’ultimo anno e mezzo era arrivata la crisi di «una donna che non aveva figli, che ha dedicato la vita al lavoro, alla moda, che anche per questo si presentava in maniera particolare e ammiccante sui social, ma le cui caratteristiche di serietà, di generosità non sono mai venute meno». «Mia cugina - racconta Sonia - era una persona intelligentissima, una donna con un carattere molto forte, che nella sua vita ha sempre aiutato tutti quelli che doveva aiutare, di una generosità estrema: questa caratteristica del suo carattere si è resa più labile gli ultimi due anni, in seguito alla malattia del padre che lei ha sempre curato come un bambino, e poi della madre, che si è ammalata gravemente di Alzheimer e che ha curato anche lei come una bambina tenendola in casa fin che ha potuto. Per impegni lavorativi non poteva più seguirla, ha cercato di trovare delle badanti, ma la malattia di mia zia era così avanzata che era ingestibile anche in questo modo, ed è stata inserita in una struttura». Poi il periodo più buio: «Nell’ultimo anno e mezzo non era completamente Sandra, c'era stata una crisi - racconta ancora la donna - e si era isolata tanto, io l’avevo sentita la settimana scorsa e l’avevo sgridata perché era dimagrita troppo, era sotto i 50 chili ed era alta 1,73 cm. E poi anche la vergogna, perché lei provava vergogna di essere caduta in questa storia. Proprio perché era una persona intelligente, aveva consapevolezza di sbagliare. Probabilmente - ragiona la cugina, che non si dà pace per questa tragedia - la solitudine ci porta ad essere confuse». Sonia esclude qualsiasi leggerezza da parte di Alessandra: «Pensare che lei fosse la donna che aveva delle storie con giovani, o che aveva più storie, questo assolutamente lo escludiamo. Non era così. Anzi. Ha rifiutato tante volte delle storie perché in lei doveva scattare qualcosa o comunque lei voleva delle storie serie, non delle avventure, non era mai stata una persona di questo tipo: esattamente il contrario di certi commenti che ho letto su di lei, che nascono un po’ dall’immagine che postava, sempre con dei filtri, le labbra in evidenza». «L'avevo rimproverata - racconta, quasi ancora in una forma di protezione la cugina - dicendole che doveva pensare a se stessa, trovare le cose che la facevano stare bene e cercare soprattutto di mangiare un pochino di più. Era molto sofferente». Adesso che è partita l’inchiesta sulla morte di Alessandra, bisognerà capire cosa è successo veramente dopo la denuncia per stalking presentata dalla donna lo scorso 29 luglio nei confronti di Giovanni Padovani, che pretendeva il suo controllo chiedendo un video ogni 10 minuti ma che era passato di recente anche a versarle dello zucchero nel serbatoio della macchina per non farla partire, fino a sottrarle le chiavi o tagliarle i fili della luce per intimorirla. «Non c'è stata nessuna disposizione e poi c'è un vuoto sicuramente tra il 29 luglio e il 22 agosto che secondo me dovrà essere ricostruito. Bisogna capire in quei giorni cosa è successo», spiega la cugina di Alessandra. «Padovani, per saltare gli allenamenti ed essere espulso dalla squadra, voleva dire che era andato completamente fuori, forse aveva saputo anche della denuncia», è il terribile dubbio che anima oggi l’avvocato Sonia Bartolini, attiva anche nell’associazione «Donne e Giustizia» di Pavullo. «Ho letto la querela e ho un pensiero molto differente da alcuni colleghi. Quando una persona mi chiede una consulenza ed è vittima di moleste persecutorie - spiega ancora Bartolini - non faccio mai andare questa persona da sola dai carabinieri a sporgere la querela: il rischio, quando ci si rivolge direttamente ai carabinieri, è che poi i tempi si dilatino ma soprattutto c’è il rischio che lo stalker possa sapere che tu vai in caserma, capire che lo stai denunciando. E così si scatena tutta la parte diabolica dell’orco. Da questo punto di vista, mi sento di prendere le distanze da come sono state gestite le cose. Ora bisogna capire per quale ragione la procura abbia inteso rimandare alla fine di questo mese la raccolta di ulteriori elementi probatori per poi arrivare eventualmente a adottare un provvedimento restrittivo. O questa querela non era stata confezionata secondo i canoni del codice rosso, tale per cui scatta immediatamente un provvedimento restrittivo- ragiona Bartolini - oppure ci sono stati dei ritardi nella raccolta dei mezzi istruttori ed è quello che dovranno accertare ora gli ispettori». «Doveva essere sentita un’amica cara di Alessandra - ricorda la cugina -, la migliore amica di sempre, che però aveva perso la mamma da poco ed era arrabbiata con Sandra perché non accettava, come nessuno di noi accettava, questo rapporto malato con Padovani». Oggi, pensando a Sandra, restano il dolore e il ricordo. «Una persona molto seria, dedita al lavoro, dove peraltro aveva anche grosse soddisfazioni, vendeva tantissimo, anche con il suo modo di vestire, di apparire, di proporre il suo prodotto: aveva veramente successo e riscontro nei negozi in cui andava a presentarsi. Lavorava per una società che distribuisce marche medio alte di moda, e aveva tantissime clienti. Quando andavo nei negozi, mi dicevano: «Ho visto tua cugina, è sempre di una bellezza... e poi si presenta con delle cose che non puoi non comprare». «Una bella persona, insomma - conclude Sonia Bartolini - che nella vita ha dedicato forse troppo ai genitori trascurando se stessa, arrivando nel momento in cui i genitori sono venuti meno - anche se la mamma c'è ancora - a perdere le fondamenta del suo carattere e le sue caratteristiche».  

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