Condanne per diciassette esponenti del movimento No Muos, che da anni conduce una battaglia contro il sistema di telecomunicazioni militari di Niscemi. La sentenza è stata emessa dal tribunale di Gela lo scorso 3 novembre, il Comitato No Muos ne dà notizia adesso. Ciascuno dei 17 attivisti è stato condannato a due anni di reclusione. «I fatti imputati - scrive in una nota il Comitato - risalgono al primo marzo 2014, data in cui un corteo violava le prescrizioni della questura per attraversare quel pezzo di territorio da troppo tempo ormai sottratto per gli interessi militari Usa. Quella manifestazione rispondeva alla costruzione del Muos, che si era recentemente ultimata con due anni di ritardo rispetto ai piani della Us Navy; ritardo possibile solo grazie alla resistenza del movimento che, senza risparmiarsi, ha bloccato l’avanzamento dei lavori contrapponendo i propri stessi corpi davanti ai mezzi militari e degli operai». Il Comitato spiega che «in quella giornata, con rabbia e determinazione, il movimento ha attraversato contrada Ulmo e le zone limitrofe alla base, senza lasciarsi ostacolare dalle prescrizioni e dal dispiegamento delle forze dell’ordine. Il processo è stato parecchio lungo e non ci serve leggere le motivazioni della sentenza per intravedere la forzatura e la politicità di questa decisione». Quel primo marzo 2014 - era di sabato - ci fu a Niscemi un grande corteo di manifestanti, provenienti da tutta la Sicilia e dal resto dell'Italia. Gli organizzatori parlarono di 5 mila partecipanti, la manifestazione si svolse dopo una lunga contrattazione con la polizia, a seguito del divieto imposto dalla Questura di attraversare la Sughereta per motivi di sicurezza. Gli attivisti No Muos però alla vigilia avevano annunciato che avrebbero infranto il divieto della Questura. Poi il sabato mattina venne trovato un compromesso, con un percorso alternativo concordato con la polizia e accolto dai No Muos. Il lungo serpentone dei manifestanti si mosse da contrada Apa per raggiungere l'ingresso 1 della base della Marina militare statunitense di contrada Ulmo, all'interno della quale c'è il super radar chiamato appunto Muos. Qui, avrebbe dovuto sostare il corteo, per poi sciogliersi. Ma ci fu un diversivo. Nonostante l'imponente spiegamento di forze di polizia (anche in assetto antisommossa), carabinieri e vigili urbani e un elicottero che volteggiava sulla testa dei manifestanti, il percorso autorizzato venne infranto e modificato. Quando il corteo arrivò all'ingresso della base americana, i manifestanti cominciarono a premere contro il cordone delle forze dell'ordine, per continuare la marcia verso il cancello numero 4, da dove erano ben visibili le tre colossali antenne del Muos. Ci furono tafferugli e scontri con la polizia. Una ragazza venuta da fuori e un poliziotto rimasero leggermente feriti e furono medicati al pronto soccorso. Alla fine i manifestanti riuscirono a sfondare il blocco delle forze dell'ordine e a continuare la marcia verso il Muos.