Il legale dei figli del giudice Paolo Borsellino, Fiammetta, Lucia e Manfredi, ha chiesto la condanna dei tre poliziotti imputati del depistaggio delle indagini sull'attentato costato la vita al magistrato complessivamente a un risarcimento del danno di 8 milioni di euro. Due per ciascuno dei figli e due in qualità di eredi della vedova Borsellino. È quanto si legge nell’atto di appello presentato dall’avvocato Vincenzo Greco contro la sentenza di primo grado che aveva dichiarato prescritte le accuse contestate ai poliziotti Mario Bo e Fabrizio Mattei e aveva assolto il terzo poliziotto Michele Ribaudo. Erano accusati di avere inquinato l’inchiesta. Il legale ha invocato la lesione del diritto alla verità subita dai suoi assistiti per l’attività di ostacolo all’accertamento delle cause della morte del giudice. La famiglia non ha mai «potuto conoscere sino in fondo le cause di tale perdita. La condotta contestata - spiega - ha determinato un ritardo di decenni rispetto alla intervenuta affermazione della responsabilità sui veri esecutori materiali dell’eccidio e soprattutto ha determinato, forse irrimediabilmente, l'impossibilità di un accertamento pieno e completo sulle responsabilità, anche esterne a Cosa Nostra. Tutto ciò con evidenti ed intuibili ripercussioni negative incidenti sulle condizioni di vita e sulla qualità dell’esistenza dei figli perché privati della possibilità di una compiuta elaborazione del lutto». Secondo il legale, «la finalità di inquinare ed indirizzare, sin dalle primissime battute, le indagini sulla strage di via D’Amelio del 19 luglio 1992 si è dipanata sullo sfondo di un terrificante scenario istituzionale in cui un ruolo centrale fu rivestito dal procuratore di Caltanissetta, Giovanni Tinebra». «Dietro la mancata voluta valorizzazione investigativa di alcune circostanze assolutamente significative, c'è stato il pieno coinvolgimento di più elevati centri di potere decisionale. - prosegue l’appello -. A fronte di ben precisi spunti di indagine che, già nell’immediato, deponevano per un ampliamento del quadro delle responsabilità e delle cointeressenze rispetto all’esecuzione della strage di via D’Amelio, si scelse di improntare l’azione investigativa verso un basso profilo per impedire che scenari più ampi potessero squadernarsi e rivelarsi in tutta la loro possibile gravità».