Troppi processi, pochi giudici per trattarli nel distretto giudiziario di Caltanissetta, l’auspicata «giustizia rapida» fa a pugni con gli insufficienti organici delle toghe, soprattutto per i giudici del dibattimento. Sono solo 5 i giudici alla prima sezione penale del tribunale di Caltanissetta troppo pochi. Non sa più come dirlo il presidente Francesco D’Arrigo (nella foto). Lo ha scritto a tinte forti in una nota letta dinnanzi ad una delegazione del Csm in visita a Caltanissetta qualche tempo fa. Ce lo ha ribadito durante una conversazione in cui non ha fatto mistero delle difficoltà dell’ufficio. «Il nostro nemico è la cornice organizzativa in cui siamo costretti ad operare - scrive D’Arrigo nella nota -. Una cornice che sembra studiata a tavolino per evitare che la sezione possa cogliere i frutti dei propri sforzi. In primo luogo è stata scelta la composizione a 5 giudici». Una circolare ha allargato la composizione a 6 ma il sesto giudice non è mai arrivato. Il punto è che il presidente della sezione, che tra l’altro è anche il giudice che presiede il maxi processo Montante e che ha optato per la riunione dei due tronconi, ha ben più di una motivazione affinché si superino i rigidi schemi tabellari per far arrivare rinforzi. Una di queste è il famoso articolo 11. In sostanza Caltanissetta per competenza si occupa dei processi su Palermo ne è un esempio recente il processo Saguto, il processo sul Palermo Calcio e ancora più conosciuti i processi sulle Stragi del ‘92 e adesso il depistaggio sulla Strage di Via D’Amelio. «Siamo un tribunale distrettuale con competenza su Palermo- afferma il presidente - l’importanza e la mole dei processi rispetto ad uno dei più grandi distretti d’Italia, quello di Palermo, con tutto quel che ne consegue in termini di numero e qualità di processi che affluiscono da quella sede». I numeri negli altri distretti sono differenti Trapani ha 9 giudici, Agrigento 10. In quattro anni la pendenza di processi che si devono concludere è cresciuta di 600 unità nonostante gli sforzi dell’ufficio. Lo ha detto più volte «coram populo» che le udienze del processo Montante non sarebbero potute essere di più a settimana perché lo stesso collegio giudicava gli imputati del Depistaggio con reati che sarebbero andati prescritti prima. Lo ha ribadito nella motivazione della riunione del processo Montante che la scelta è stata anche di «economia processuale». Troppi reati in comune, imputati presenti in entrambi i procedimenti, pochi giudici a disposizione. «La sezione ha vissuto anche la contemporanea celebrazione di due processi che hanno bloccato un intero collegio e richiesto numerose udienze dedicate in via esclusiva ad essi - dice D’Arrigo- Oggi è rimasto il processo Montante che paralizza una udienza a settimana e comprime di conseguenza la trattazione di tutti gli altri 172 processi collegiali pendenti, che cominciano a segnare il passo». Ha usato parole forti come bloccare e paralizzare. Smentite una volta per tutte anche le voci, che volevano una frizione tra il presidente e il giudice al latere adesso passato al Gip ma applicato al Montante, Santi Bologna. Proprio sulla scelta dell’unificazione. «Non c’è nulla da dire su queste storie, la prossemica in aula parla più di mille dichiarazioni- sbrigativo conclude D’Arrigo». Invece ci tiene a sottolineare che nonostante la situazione comunque le prescrizioni sono aumentate dell’ 1 per cento dal 4 per cento al 5 in un anno. Rilancia la richiesta della quale non prescinde: «Mi sembra palese che la soluzione debba essere l’aumento dei giudici assegnati alla sezione dibattimentale per consentire l’aumento delle udienze e quindi delle definizioni, monocratiche e collegiali».