Quattro ergastoli per la faida mafiosa di Riesi. A cui sono andati ad aggiungersi altre due condanne e un clamoroso colpo di spugna al «fine pena mai» rimediato in primo grado da un settimo imputato. Così, al processo d’appello «De reditu», in questo troncone incentrato su cinque omicidi e tre falliti agguati nel Riesino.
Carcere a vita, ora come allora, per il capo di Cosa nostra a Riesi, Pino Cammarata, il fratello, Francesco Cammarata, il loro cugino, Gaetano Cammarata e il boss di Mazzarino, Salvatore Siciliano. Confermate pure le condanne per il terzo dei boss Cammarata, Vincenzo - fratello di Pino e Francesco – già assolto per un omicidio e che s’è visto confermare adesso 18 anni per mafia, così come immutata è rimasta la pena, 16 anni di carcere, per il riesino Giovanni Tararà (avvocati Vincenzo Vitello, Maria Teresa Pintus, Eugenio Rogliani e Sara Luiu).
Dagli inferi all’eden, invece, il cinquantatreenne, pure lui riesino, Franco Bellia (avvocati Carmelo Terranova, Davide Anzalone e Giada Faraci) condannato in primo grado all’ergastolo e ieri sera assolto. Era e rimane in libertà.
Sono alla sbarra, per questo secondo passaggio in aula, per rispondere, a vario titolo, dei delitti di Angelo Lauria, Michele Fantauzza, Pino Ferraro, Gaetano Carmelo Pirrello, Andrea Pirrello – messi a segno tra il marzo del 1992 e il settembre del ‘98 e, poi, i tentati omicidi di Salvatore Pirrello, Tullio Lanza e dello stesso Salvatore Pasqualino, tra il 1997 e il ‘98. Agguati che sarebbero stati voluti dal clan Cammarata.
Un servizio completo di Vincenzo Falci sul Giornale di Sicilia in edicola oggi
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