Nei Cpr di Ponte Galeria a Roma e di Pian del lago a Caltanissetta l’Italia non rispetta i diritti umani: vi sono «persone razzializzate che non avrebbero mai dovuto esservi trattenute: persone con gravi problemi di salute mentali e fisici; richiedenti asilo a causa del loro orientamento sessuale o attivismo politico, ma provenienti da paesi che il governo italiano ha arbitrariamente designato come sicuri; persone con responsabilità di assistenza o che fuggono da violenze di genere o sfruttamento lavorativo». Lo scrive Amnesty International in un rapporto sulla detenzione amministrativa dei migranti e dei richiedenti asilo in Italia. «La legge e la prassi italiane - afferma l’organizzazione - non rispettano gli obblighi internazionali, violando i diritti all’asilo, al ricorso effettivo e all’assistenza legale. La decisione dell’Italia di costruire centri di detenzione per il rimpatrio sul territorio albanese aumenterà il rischio di violazioni dei diritti umani». Lo scorso aprile Amnesty ha visitato i due centri di detenzione, dove ha incontrato persone provenienti da vari stati, tra i quali Tunisia, Iran, Georgia, Marocco, Perù, Egitto, Gambia e Cina. «La detenzione amministrativa dovrebbe essere una misura eccezionale e di ultima istanza. Tuttavia, nei centri che abbiamo visitato, abbiamo incontrato questi inutili ordini di detenzione gettano nel caos le loro vite, la loro salute e le loro famiglie», spiega Serena Chiodo dell’ufficio campagne di Amnesty International Italia. Nel 2023 il governo italiano aveva deciso di ampliare l’uso della detenzione amministrativa nel sistema migratorio, avviando la costruzione di nuovi centri per il rimpatrio e l’estensione del periodo massimo di detenzione a 18 mesi e ‘procedure di frontierà per le persone richiedenti asilo provenienti da ‘paesi sicurì: queste ultime «comportano la detenzione automatica delle persone in base alla loro nazionalità, in contrasto con il diritto internazionale, che richiede invece una valutazione individuale». Le autorità italiane non considerano misure «alternative alla detenzione», che viene decisa da «procedimenti legali inadeguati» affidati a giudici di pace: il risultato è «un uso sistematico e quindi abusivo del sistema di detenzione». «Le leggi e le pratiche italiane - sottolinea Amnesty - non sono compatibili con le norme e gli standard internazionali e comportano violazioni non solo del diritto alla libertà, ma anche dei diritti all’asilo, al ricorso effettivo e all’assistenza legale». Nei centri visitati dall’organizzazione per i diritti umani le condizioni di vita sono peggiori di quelle delle carceri, già tremende. I centri sono apparsi «estremamente restrittivi, spogli e carenti dal punto di vista igienico-sanitario». Le persone - secondo quanto emerge dal Rapporto - non possono muoversi liberamente, nemmeno all’interno delle strutture. Per farlo, necessitano dell’autorizzazione e dell’accompagnamento da parte degli agenti della polizia. I mobili e la biancheria sono estremamente basilari, con materassi in lattice collocati su letti di cemento. I bagni sono in pessime condizioni, talvolta senza porte. Gli interruttori della luce vengono accesi e spenti dalle guardie e le finestre sono ermeticamente chiuse. I cellulari personali sono proibiti. I migranti trascorrono il tempo «in spazi recintati» e «viene loro negata persino la minima autonomia». «Nonostante i lunghi periodi di detenzione - ha aggiunto Chiodo - vi è un’assenza quasi totale di attività, che, combinata con la mancanza di informazioni sul futuro, provoca enormi danni psicologici tra le persone detenute». I progetti di costruzione di nuovi centri in Italia, insieme all’introduzione di procedure di frontiera obbligatorie ai sensi del Patto dell’Unione europea su migrazione e asilo e l’imminente attuazione dell’accordo Italia-Albania, rendono «ancora più urgente agire per prevenire ulteriori violazioni del diritto internazionale che interesseranno un numero crescente di persone». «Nei casi eccezionali in cui la detenzione è ritenuta necessaria e proporzionata - ha concluso Chiodo - le autorità italiane devono condurre valutazioni rigorose e regolari circa l’idoneità delle persone alla detenzione. Il governo deve anche garantire che le condizioni nei centri di detenzione rispettino la dignità umana, fornendo alloggi adeguati e sicuri e opportunità di mantenere contatti con l’esterno e di utilizzare il tempo in modo produttivo. E’ urgentemente necessaria una svolta significativa rispetto all’attuale approccio punitivo delle politiche di controllo della migrazione».