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Processo per depistaggio, Riggio: usati nomi in codice tra gli agenti

E’ ripreso questa mattina nell’aula bunker del carcere Malaspina di Caltanissetta, con la deposizione del pentito Pietro Riggio il processo a carico di due ex generali dei carabinieri in pensione

Carceri

E’ ripreso questa mattina nell’aula bunker del carcere Malaspina di Caltanissetta, con la deposizione del pentito Pietro Riggio - sentito come teste assistito - il processo a carico di due ex generali dei carabinieri in pensione accusati del reato di depistaggio, gli ufficiali Angiolo Pellegrini, 82 anni, storico collaboratore del giudice Giovanni Falcone, e Alberto Tersigni, 63 anni, entrambi per anni in forza alla Dia.

Secondo la procura di Caltanissetta, rappresentata oggi in aula da pm Pasquale Pacifico, avrebbero ostacolato le indagini della Procura a riscontro delle dichiarazioni del pentito Pietro Riggio, ex agente della polizia penitenziaria poi arrestato con l’accusa di essere legato clan mafiosi. Secondo l’accusa, non avrebbero dato il giusto peso alle rivelazioni di Riggio che avrebbero potuto portare alla cattura dell’allora latitante Bernardo Provenzano e a quelle relative a un progetto di attentato all’ex giudice del pool antimafia Leonardo Guarnotta. Alla sbarra anche l’ex poliziotto Giovanni Peluso, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo la Procura avrebbe agevolato Cosa Nostra favorendo la latitanza del boss corleonese.

«Durante la mia detenzione e dopo la scarcerazione iniziò una corrispondenza con delle lettere tra me e i due poliziotti con cui avevo stretto legami. Ci scrivevamo in codice. Il primo ad essere scarcerato fu Giovanni Peluso, poi Giuseppe Porto, e infine io». Lo dice il pentito di mafia Pietro Riggio, ex poliziotto penitenziario poi arrestato più volte in operazioni antimafia e detenuto in diversi penitenziari italiani.

Riggio, è sentito come teste nel processo per depistaggio a carico dei due ex generali dei carabinieri in pensione Angiolo Pellegrini e Alberto Tersigni, e l’ex poliziotto Giovanni Peluso, imputato per concorso esterno in associazione mafiosa, che si celebra a Caltanissetta dinanzi al tribunale presieduto da Francesco D’Arrigo.

«Per scriverci utilizzavamo dei nomignoli. Peluso era associato al giaguaro o il turco, Porto era il lord e io ero Elliot, De Nicola lo identificavamo con il nome di Tano - ha precisato Riggio - utilizzavamo questi nomi per evitare che se le lettere fossero state intercettate si potesse risalire a noi. Il codice è stato elaborato da me e da Porto e scritto con la mia scrittura».

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