Caltanissetta

Giovedì 26 Giugno 2025

La strage di via D'Amelio e l'agenda di Borsellino. Disposte perquisizioni. S'indaga pure su una loggia massonica coperta

Via D'Amelio subito dopo l'esplosione

L’ex procuratore di Caltanissetta Giovanni Tinebra, morto 8 anni fa e responsabile delle indagini immediatamente successive alla strage di via d’Amelio, avrebbe fatto parte di una loggia massonica. Lo sostiene la procura di Caltanissetta che ha disposto tre perquisizioni, eseguite dal Ros, nelle abitazioni riconducibili a Tinebra nell’ambito dell’inchiesta per i depistaggi successivi alla strage di via D’Amelio. La Procura, dice una nota, ha «acquisito una pluralità di elementi che hanno fatto emergere concreti indizi circa la presenza di una loggia massonica coperta a Nicosia, di cui avrebbe fatto parte anche Tinebra». Le perquisizioni in tre luoghi all’epoca dei fatti nella disponibilità dell’ex procuratore di Caltanissetta, Giovanni Tinebra, deceduto da 8 anni, sono state eseguite per chiarire «il contesto in cui si collocarono l'oramai accertato depistaggio sulla strage di Via D’Amelio e la «sparizione» dell’agenda rossa di Paolo Borsellino». Lo scrive il procuratore Salvatore De Luca in una nota in con cui dà notizia del decreto eseguito da carabinieri del Ros. Giovanni Tinebra, ricorda la nota della Procura di Caltanissetta firmata dal capo dell’ufficio Salvatore De Luca, fu in servizio a Nicosia (Enna) come procuratore capo dal 1969 al 1992. «Dall’analisi delle dichiarazioni rese nel corso degli anni da alcuni collaboratori di giustizia, unita alla contestuale rilettura degli esiti di procedimenti penali anche di altri distretti - afferma il procuratore De Luca - sono stati acquisiti una pluralità di elementi che hanno fatto emergere concreti indizi circa la presenza di una loggia massonica coperta nella città di Nicosia (Enna), di cui avrebbe fatto parte anche lo stesso Tinebra, in servizio alla locale Procura ininterrottamente dal 1969 al 1992». Il pentito Angelo Siino, nell’ambito di una attività di indagine svolta dalla Procura di Napoli alla fine degli anni '90, ha parlato dei suoi rapporti con Salvatore Spinello, massone già in rapporti con il palermitano Giuseppe Mandalari condannato per associazione mafiosa, presentatogli da Francesco Salamone. Siino disse a Spinello si era presentato quale massone intenzionato a creare «una super loggia massonica segreta nella quale potessero confluire esponenti politici di rilievo della imprenditoria e della criminalità organizzala in modo da creare rapporti di reciproca convenienza» e con grande capacità di infiltrazione negli apparati pubblici. In dialoghi intercettati dai Pm di Napoli, Spinello in una conversazione telefonica con Giuliano Di Bernardo, gran maestro della Loggia regolare d’Italia, gli parlò delle logge siciliane soffermandosi su quella di Nicosia sottolineando la presenza al suo interno di un "personaggio estremamente in auge che è in una posizione di grande rispetto, di grande eh, di grande giurisdizione». In altra conversazione, Spinello facendo riferimento agli aderenti alla sua obbedienza disse «Tinebra è dei nostri anche lui, era della loggia di Nicosia ...io naturalmente quando vado là, non vado pubblicamente ad abbracciarlo, perché non voglio comprometterlo»

L'appunto del 20 luglio 1992

Agli atti del procedimento è stato «acquisito un appunto del 20 luglio 1992 (l'indomani della strage di via D’Amelio, ndr) firmato da Arnaldo La Barbera, rinvenuto negli archivi della squadra mobile di Palermo in cui si legge che "in data odierna, alle 12, viene consegnato al dottore Tinebra, uno scatolo in cartone contenente una borsa in pelle e un’agenda appartenenti al Giudice Borsellino"». Un appunto che, spiega il procuratore di Caltanissetta, «privo di qualsiasi sottoscrizione per ricevuta di quanto indicato da parte da Tinebra non era mai stato trasmesso a quest’ufficio nell’ambito delle indagini per la strage di via D’Amelio, né La Barbera ne aveva mai fatto menzione nel corso delle sue escussioni». Gli accertamenti svolti dalla Procura di Caltanissetta, ricostruisce il procuratore De Luca, «non hanno consentito di verificare che detta consegna sia effettivamente avvenuta nelle mani del dottore Tinebra, né che l’agenda in questione fosse effettivamente l’agenda rossa e non altra agenda appartenuta al giudice Borsellino poi effettivamente rinvenuta». «Non può sottacersi - sottolinea il procuratore di Caltanissetta - che, in ogni caso, tale borsa sarebbe pervenuta nella disponibilità di La Barbera il 19 luglio sera e, secondo la su indicata nota, sarebbe stata consegnata nella tarda mattinata del 20 luglio del 1992, con la conseguenza che La Barbera avrebbe avuto tutto il tempo di prelevare o estrarre copia della più volte citata agenda rossa».

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