GELA. "La raffineria Eni di Sannazzaro (PV) è ferma per l'incendio del 2 dicembre scorso? Allora mettiamo in marcia gli impianti di Gela e garantiamo l'alternativa giusta facendo tornare al lavoro centinaia di disoccupati". La proposta è stata avanzata dal segretario provinciale dell'Ugl Chimici, l'unico sindacato che si è sempre rifiutato di firmare il protocollo d'intesa del novembre del 2014, con cui si stabilì la fermata del petrolchimico gelese e la conversione in green refinery degli impianti di raffinazione del petrolio. Da allora, 600 dipendenti dello stabilimento sono stati trasferiti in altri siti industriali dell'Eni in Italia e nel mondo, mentre un migliaio di operai dell'indotto, rimasti disoccupati, attendono la ripresa e il ritorno al lavoro. "La raffineria di Gela non è ancora del tutto dismessa, dato che la linea 1 è ancora efficiente - afferma, Alario - e potrebbe entrare in funzione con costi irrisori e in tempi brevi, rispetto a quelli che il colosso energetico Eni dovrà affrontare per ripristinare il sito industriale lombardo". "A Gela si è cambiato sistema verso una raffineria verde - spiega il dirigente dell'Ugl - ma c'è sempre la speranza che una parte della lavorazione del fossile rimanga attiva per garantire occupazione stabile in questa città dove la raffineria ecologica non sarà in grado di offrire più di 400 posti di lavoro" a fronte dei 2.500 (tra diretto e indotto) esistenti prima della chiusura.