CALTANISSETTA. Sistema della prescrizione insoddisfacente e richieste di appello spesso finalizzate solo a fare estinguere il processo. Sono questi, per la facente funzioni di presidente della Corte d'appello Maria Giovanna Romeo, i punti chiave di una eventuale riforma del processo penale, analizzati nel corso del suo intervento durante la cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario. «Il primo punto cruciale - ha detto Romeo - è ancora costituito dall' attuale disciplina della prescrizione, gravemente insoddisfacente. L'impegno di energie umane e materiali che sono profuse in un processo non può concludersi con un nulla di fatto dopo l'esercizio dell'azione penale, nè tantomeno dopo una pronuncia di condanna in primo grado. Dopo, cioè, che il diritto di difesa dell'imputato ha avuto modo di esplicarsi pienamente». La presidente ha poi aggiunto: «È giudizio condiviso da tutti gli operatori che l'appello costituisce l'anello debole del sistema processuale. Le Corti devono affrontare un numero stragrande di processi per i quali è necessario prevedere strumenti di definizione particolarmente rapidi e senza appesantimenti procedurali, specialmente in tutti quei casi in cui l'appello appaia manifestamente infondato e palesemente mirato a ottenere la prescrizione». «Anche se indebolite dalle inchieste giudiziarie le famiglie mafiose continuano a operare nel territorio nisseno e il tasso di infiltrazione della criminalità mafiosa è ancora alto anche grazie alla strategia di sommersione». Lo ha detto la facente funzioni di presidente della Corte d'appello nissena Maria Giovanna Romeo durante l'inaugurazione dell'anno giudiziario. Analizzando l'aspetto della criminalità mafiosa, Romeo ha aggiunto: «Il limitato numero di omicidi riconducibili a dinamiche mafiose induce, infatti, a ritenere che sia sempre rispettata la strategia, ormai da molti anni seguita da Cosa nostra che esclude, salvo in alcuni casi, il ricorso ai delitti di sangue o ad altre eclatanti manifestazioni di violenza, privilegiando invece il rafforzamento dell'infiltrazione sistematica e silenziosa nel tessuto economico- imprenditoriale per dominare alcuni settori o comunque per trarre da essi profitti illeciti da reimpiegare, attraverso prestanome, in canali legali». Corruzione sempre presente anche nel nisseno a causa delle violazioni delle regole morali da parte di chi ricopre incarichi pubblici. «La permanenza dei fenomeni di corruzione - ha affermato l'alto magistrato - è favorita dall'abbattimento di regole morali in coloro che esercitano pubbliche funzioni e nei corruttori l'assenza del senso del limite, l'abuso dei pubblici poteri e l'incapacità della classe politica di selezionare una schiera di amministratori che si prefiggano unicamente il bene collettivo e non siano spinti esclusivamente dalla ricerca del tornaconto personale». «Inoltre - ha proseguito Romeo - un'efficace azione di controllo, essendosi di molto indebolita la vigilanza sulle regole che l'ordinamento si era dato. I reati di corruzione, anche quelli apparentemente di scarso valore, rendono più fertile il terreno su cui cresce e si sviluppa la delinquenza mafiosa, attraverso il perseguimento di interessi economici, connivenze e reciproche protezioni».