È fuori dal maxi processo Montante, per il presidente della regione Renato Schifani è arrivata la prescrizione per entrambi i reati dei quali era accusato, rivelazione di segreto d’ufficio e concorso esterno in associazione semplice. Il presidente del tribunale Francesco D’Arrigo lo ha annunciato durante l’udienza del processo che si tiene nell’aula bunker del carcere Malaspina. Il pm Maurizio Bonaccorso si era opposto alla prescrizione del reato di concorso esterno. Secondo l’accusa il reato si sarebbe prescritto nell’ottobre del 2024 perché andrebbero calcolati 7 anni. Ma non è tanto un problema di mero calcolo matematico quanto invece lo schema accusatorio che sosteneva il fatto che il concorso esterno in questo caso per le modalità effettuate è da afferire e parametrare al reato di chi era a capo dell’associazione. Di parere contrario gli avvocati del governatore Sonia Costa e Roberto Tricoli. Adesso il tribunale ha messo la parola fine alla vicenda, tutto prescritto. Il presidente del tribunale Francesco D’Arrigo ha letto una lista di nomi , ci sono anche altri quattro imputati nei confronti dei quali arriva la prescrizione: l’ex capo dei servizi segreti Arturo Esposito, il capo reparto dell’Aisi Andrea Cavacece e il tributarista Angelo Cuva, anche loro ritenuti parte della catena delle talpe dell’ex leader di Confindustria, Antonello Montante, già condannato in appello a 8 anni di carcere.
I legali: «Schifani non ha mai avuto rapporti con Montante»
«Il nostro cliente si è sempre dichiarato totalmente estraneo ai fatti addebitatigli, non avendo mai avuto rapporti con Antonello Montante, così come palesemente risulta dagli atti processuali». Lo dicono gli avvocati Roberto Tricoli, Sonia Costa e Massimiliano Miceli, legali del presidente della Regione Renato Schifani a margine della sentenza di prescrizione dei reati di questa mattina come imputato nel processo sul Sistema Montante. «Il nostro assistito - continuano i legali - a riprova della sua totale estraneità ai fatti, aveva chiesto di essere giudicato con rito immediato per potere ottenere celere conferma della sua innocenza dall’Autorità Giudiziaria del Tribunale di Caltanissetta. Tale istanza veniva accolta, tanto che il cinque dicembre del lontano 2018 si è celebrata la prima udienza del processo, ma, in quell’occasione, la Procura di Caltanissetta, con la condivisione del Collegio Giudicante, chiedeva la riunione del processo attivato con il rito speciale al troncone principale da tenersi con il rito ordinario nel quale risultavano imputati quindici persone, oggi trenta, a causa della successiva riunione con altro procedimento, i cui tempi si sono ampiamente dilatati». «Il nostro assistito - continuano gli avvocati - pur potendo addurre varie ragioni di carattere sanitario (intervento al cuore) ed elettorali (regionali del 2022), non ha mai chiesto la sospensione del processo per legittimo impedimento, al fine di evitare la paralisi dello stesso ed il danno conseguente a carico degli altri imputati aventi diritto alla celebrazione in giudizio entro ragionevoli tempi, così come sancito dall’Art. 111 della Costituzione. Proprio sulla base di questo sacrosanto principio, il nostro assistito ha condiviso con i difensori di non potere non prendere atto della decisione del Tribunale. Tutto ciò - concludono i legali - dopo avere ampiamente dimostrato di non volersi sottrarre al giudizio del Tribunale con la richiesta di essere giudicato immediatamente, tenuto conto, peraltro, che la posizione del nostro assistito non è stata, ad oggi, neppure sfiorata nel corso della istruttoria dibattimentale».
Escono dal processo anche Bernava e i fratelli Calì
Oltre al presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, ad Angelo Cuva e Andrea Cavacece, nel corso dell’udienza di questa mattina del processo sul sistema Montante, il presidente del Tribunale, Francesco D’Arrigo, ha emesso sentenza di prescrizione anche per Maurizio Bernava, ex segretario generale della Cisl. Il sindacalista era accusato di aver rivelato parte delle dichiarazioni rese all’autorità giudiziaria quando è stato sentito come persona informata sui fatti. Escono dal processo anche i fratelli palermitani Andrea e Salvatore Calì che, secondo la Procura Nissena, avrebbero cercato delle cimici non soltanto a casa di Montante ma anche in Confindustria Caltanissetta, oltre alle abitazioni di alcuni indagati dell’epoca oggi imputati.