Un bambino che nasce a Caltanissetta ha 3,7 anni in meno di aspettativa di vita rispetto a chi è nato a Firenze. La XIII edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio in Italia di Save the children dal titolo «Come stai?» fa emergere uno scenario inquietate. Un report spaventoso, che sottolinea le disuguaglianze che incidono sulla salute dei bambini nel paese, dove a farne le spese sono i bambini del mezzogiorno: lo studio ha analizzato le differenze geografiche, socioeconomiche e culturali, che sintetizzano la prospettiva media di vita in un buona salute che un bambino o una bambina appena nati possono aspettarsi.
Uno dei primi dati che incide sullo studio è la qualità del sistema sanitario offerto: in Sicilia, sono 882 i 0-14enni residenti per medico pediatra, contro i 970 della media nazionale. E ancora, i posti letto per degenza in neuropsichiatria infantile sono soltanto 30 a fronte dei 394 della media nazionale.
Dati non incoraggianti, ma la migliore fotografia viene regalata dalla media del numero di bambini nati ogni mille abitanti, sopra la media nazionale del 0,9% (7,7% contro 6,8%) e il tasso di mortalità ogni mille nati vivi che si attesta al 3,34% a fronte di una media nazionale del 2,5%. E se in Italia la speranza di vita alla nascita nel 2021 si attesta a 82,4 anni, ci sono 3,7 anni di differenza tra l’aspettativa di vita di chi nasce a Caltanissetta (80,2) e di chi nasce a Firenze (83,9).
Ma non è solo il sistema sanitario ad influenzare la salute dei bambini. Infatti, gravano tutti i determinanti sociali legati al contesto territoriale in cui si cresce, alle condizioni economiche, al livello di istruzione, all’ambiente, alle reti sociali e dei servizi. Ad esempio, il numero di bambini in sovrappeso dai 3 ai 17 anni è del 31,2% rispetto ad una media nazionale del 27%, dato che diventa allarmante se si guarda allo sport: sempre nella stessa fascia di età campione, il 43,3% dei ragazzi non pratica mai sport, contro una media italiana del 24,7%. A giocare un ruolo fondamentale nella riduzione della buona vita media di un bambino siciliano entra in gioco anche il tasso di inquinamento. La concentrazione media annuale di Pm2.5 - più comunemente chiamate polveri sottili - supera ampiamente la soglia fissata dall’Oms (5 milligrammi per metro cubo) in tutte le maggiori città siciliane: così, Ragusa si trova prima in classifica con una concentrazione di 15 milligrammi per metro cubo su 20, seguita da Palermo e Catania con 13, Messina 11, Siracusa 9, Enna ed Agrigento 8.
La musica non cambia con la concentrazione di Pm10 - particelle aerodisperse nell’aria e nell’ambiente, il cui limite è fissato a 15 milligrammi per metro cubo - che vede Catania al primo posto con una concentrazione di 28 milligrammi per metro cubo su 40, seguita da Palermo con 26 e Ragusa e Messina a quota 23. Non si migliora neanche sotto l’aspetto dell’educazione. I servizi forniti nella regione siciliana sono, anche in questo caso, sotto la media nazionale: il rapporto alunni disabili assistenti è di 3.4 contro una media nazionale del 4,6%. I bambini che da 0 a 2 anni usufruiscono dei servizi prima infanzia comunali in Sicilia sono il 5,1%. Nello specifico, Enna si trova al 7,7% seguita da Messina al 7,1. Soltanto al 4,9 e al 4,4 Catania e Palermo; la media italiana è al 13,7%.
Un dato che si completa alla voce «Scuole statali e non statali accessibili», in Sicilia al 27,9% contro un tondo 32% della media italiana.
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