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Caltanissetta: acquisti a spese dell’Ato, adesso vuole risarcire

Per l’accusa effettuò spese «allegre» per oltre 40 mila euro con la carta di credito aziendale comprando pure merce griffata

CALTANISSETTA. Risarcire l'Ato per chiudere la partita dal punto di vista patrimoniale. Con un'offerta che potrebbe essere anche un po' più "generosa" di una prima, informale proposta. Quella che aveva già ufficiosamente avanzato l'ex presidente dell'Ato Cl1, Giuseppe Cimino, a giudizio in appello per l'ipotesi di peculato legata a presunte spese "allegre" con la carte di credito della stessa società. Con una proposta, originaria, nell'ordine dei 55mila euro. Volontà d'indennizzare che ieri è stata formalmente prospettata al cospetto della corte d’Appello presieduta da Sergio Nicastro (consiglieri Giovanni Carlo Tomaselli e Miriam D’amore). La richiesta dovrà essere girata, adesso, alla stessa Ato. Ed i contorni dell'operazione dovranno definirsi entro fine gennaio del prossimo anno, quando è fissata la nuova udienza. Per allora dovrà essere delineata in ogni dettaglio della transazione passando per l'accoglimento da parte della stessa società d'ambito che sarebbe stata danneggiata. E dal punto di vista patrimoniale e dell'immagine, secondo la stessa «Cl1» costituitasi parte civile (assistita dall'avvocato Dino Milazzo).

È lo sviluppo in questa nuova parentesi processuale nei confronti dell'ex capo del Cda dell'Ato rifiuti (assistito dagli avvocati Sergio Iacona e Salvatore Daniele) per un'inchiesta che nel giugno di tre anni fa ha fatto finire il suo nome al centro di un dossier della procura. E che poi, in primo grado, ha pure fatto scattare per lui una condanna a 4 anni. I magistrati hanno ipotizzato a suo carico un uso un po' disinvolto della carta di credito della stessa società. Con spese, quelle finite sotto la lente degli inquirenti, racchiuse nell'arco temporale che va da metà novembre del 2006 a metà gennaio 2011. E globalmente sarebbero stati spesi poco più di 41 mila euro. Sempre con la "card" aziendale che sarebbe stata esibita dallo stesso allora presidente - secondo la tesi accusatoria - in diversi ristoranti e negozi di lusso.  In una cinquantina di circostanze lo stesso Cimino - è il teorema della magistratura - avrebbe tirato fuori dal portafogli la carta di credito aziendale per l'acquisto, tra l'altro, di profumi, borse, scarpe e abiti. Tutta merce griffata. Ma adesso è pronto ad indennizzare.

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