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False fatturazioni, in 7 rinviati a giudizio a Caltanissetta

CALTANISSETTA. Con un giro di fatture fasulle si sarebbero messi al riparo. E, per di più, quella documentazione sarebbe stata riferita a una ditta assolutamente inesistente. È lo scenario complessivo che la procura ha contestato ad un manipolo di esercenti. E in sette (assistiti dagli avvocati Diego Perticone, Maria Francesca Assennato, Salvatore Pecoraro, Giovanni Annaloro, Ambrogio Colora e Maria Miceli), tutti extracomunitari ma che da diversi anni vivono in città dove si sono perfettamente integrati e con figli nati nel capoluogo nisseno, sono chiamati sul banco degli imputati. Vanno sotto processo perché a loro carico è stato ipotizzato il falso. Legato a quelle pezze d’appoggio presentate all’ufficio immigrazione della questura, così da ottenere senza intoppo alcuno la proroga per la permanenza in città.

Sì perché – è la tesi accusatoria – con quella movimentazione di fatture avrebbero dimostrato senza ombra alcuna di svolgere attività commerciale. E in tal modo non avrebbero corso il rischio di vedersi negare l’autorizzazione a rimanere. Ma ad un certo punto è stato quasi un dettaglio ad accender i sospetti della polizia. Perché diversi tra quegli esercenti ambulanti avevano presentato documentazione contabile che proveniva da una stessa ditta del Napoletano.

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