MUSSOMELI. Veleni, insinuazioni, missive al curaro. Un vescovo che non si esime dal bacchettare pesantemente i vertici siciliani dell’ordine dei francescani e una città preoccupata per le sorti di uno sparuto gruppo di fraticelli che vivono secondo povertà e obbedienza. La scelta di chiudere il convento di San Francesco a Mussomeli si è trasformata ben presto in un «incidente diplomatico» tutto interno alla Chiesa. Con il presule nisseno, monsignor Mario Russotto, a cui non è andata giù la radicale soluzione adottata dell’ordine dei frati minori conventuali di chiudere quell’antichissimo presidio francescano nel cuore della Sicilia.
A 48 ore dall’annuncio ufficiale assunto nel corso dell’ultimo capitolo dell’ordine siciliano riunitosi a Pergusa, Russotto, attraverso il suo portavoce don Pino La Placa, ha diramato una nota durissima, per nulla «politically correct», scevra da formalismi e da convenevoli di facciata. Altro che diplomazia di curia. L’alto prelato definisce i vertici dei conventuali siciliani «bugiardi e scarsamente educati». Uomini di fede che hanno sentito la chiamata di Dio ma non di certo le continue chiamate del monsignore, che appunto si lagna di indifferenza. «Da mesi - si legge nella nota - il vescovo ha tentato di rintracciare telefonicamente il padre provinciale dei conventuali ma senza risultato, il che denota una scarsa educazione umana e una grave carenza ecclesiale e religiosa. Al vescovo della Diocesi, la notizia della chiusura del convento è stata comunicata dal padre guardiano fra’ Antonio Damiano Caruso e non, come richiede il senso di educazione, rispetto e relazionalità istituzionale, dal ministro provinciale». Ma ancora di più, per Russotto, il fatto più grave consiste nell’avere redatto una relazione a sostegno della chiusura, pregna di insinuazioni rivolte agli altri sacerdoti che operano a Mussomeli e persino allo stesso presule.
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