GELA. Si aprono le porte del carcere per una gelese di 56 anni, Maria Rosa Di Dio, soprannominata la “mantide religiosa”, accusata di aver preso parte ad un omicidio avvenuto a Gela, nel ’92, in piena guerra di mafia. La donna, condannata in via definitiva dalla Cassazione a 22 anni di carcere attirò in una trappola mortale il presunto “stiddaro” Agostino Reina, all’epoca 31enne, con la falsa promessa di una notte d’amore in un casolare di “Passo di Piazza”.
La sentenza di morte sarebbe stata emessa dalla famiglia Emmanuello. La vittima, una volta giunta nel casolare, trovò i suoi carnefici che lo soffocarono e ne bruciarono il corpo, sotterrandolo parzialmente nelle campagne di contrada “Biviere”.
Il cadavere fu scoperto dai carabinieri ma risultò impossibile la sua identificazione. Solo 18 anni più tardi, nel 2010, la polizia fece luce su quell’omicidio. La donna venne arrestata insieme agli esecutori materiali del delitto, il boss Davide Emmanuello, di 48 anni e Rocco Manfrè, di 69 anni.
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