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Malasanità a Gela, Corte dei Conti condanna medico e censura l’Asp

Riguarda un caso avvenuto nel ’96 quando al Pronto soccorso non si accorsero che una minorenne era incinta. Rincasata, la ragazza perse il bimbo

GELA. La sezione giurisdizionale della Corte dei Conti (sentenza 242/2015) riconosce la responsabilità di un medico che nel 1996 fu protagonista di un clamoroso caso di malasanità all’ospedale “Vittorio Emanuele” di Gela e lo condanna a risarcire le spese legali sostenute dall’allora Azienda ospedaliera, poi confluita nell’Asp di Caltanissetta.

Ma giudica eccessivi i 289 mila euro liquidati ad un avvocato esterno per l’assistenza nei tre gradi di giudizio e condanna il professionista, Antonio Emanuele Federico, 60 anni, originario di Butera, a versarne solo 6 mila, pari alle spese legali liquidate in sentenza dai giudici penali.
Il collegio giudicante definisce “censurabile” la condotta dell’Asp e invita la Procura contabile ad «accertare la possibile sussistenza di un danno erariale». «L’eccessivo, palese, divario fra le parcelle liquidate e quelle che risulterebbero effettivamente proporzionate alla vicenda di che trattasi induce il collegio - si legge nelle motivazioni - a dubitare della linearità della condotta tenuta dall’Asp; quest’ultima, infatti, alla richiesta di compensi così macroscopicamente elevati, anziché procedere alla liquidazione degli stessi, avrebbe dovuto, quantomeno, richiedere chiarimenti al libero professionista onde tentare di ridimensionare la spesa, infinitamente maggiore rispetto a quanto stanziato in via presuntiva».

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