CALTANISSETTA. Parola alla Procura. Chiamata a trarre le sue deduzioni su 4 imprenditori ritenuti reticenti. E che con il loro silenzio si sarebbero resi complici, secondo la tesi dei magistrati, di una rete di estorsori legati a Cosa nostra. È lo scenario tracciato dagli inquirenti a carico di 4 titolari d’azienda finiti nell’occhio del ciclone sull’onda della maxi inchiesta della squadra mobile su mafia e pizzo ribattezzata «Redde rationem». Sono gli imprenditori Giuseppe Pastorello (assistito dall’avvocato Salvatore Daniele), Salvatore Tumminelli (difeso dall’avvocato Davide Anzalone), Gualtiero Riggio (assistito dagli avvocati Walter Tesauro ed Alberto Fiore) ed Antonino Paponelli (assistito dall’avvocato Salvatore Caruso) di Paternò.
Tutti e 4 sono stati chiamati dinanzi il tribunale presieduto da Antonio Napoli (a latere Claudio Emanuele Bencivinni e Alex Costanza) per difendersi dalle ipotesi di false dichiarazioni rese al pm con l'aggravante di avere favorito la mafia. Un pesante fardello che si trascinano dietro da quando, tra le pieghe dell’inchiesta “madre”, sono stati convocati dai magistrati per appurare se gli stessi fossero stati bersaglio di richieste di pizzo. E i quattro avrebbero negato pur in presenza – secondo il teorema dell’accusa – di pressioni estorsive ricevute. Con loro sono finiti al centro di questo dossier parallelo altri sette imprenditori. Ma in fasi successive gli altri ne sono tutti usciti.
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