CALTANISSETTA. La ”super perizia” inguaia medici, infermieri, biomedici e tecnici di laboratorio tirati in ballo per un sospetto caso di malasanità. Legato a una trasfusione killer che nell’ottobre 2009 avrebbe ucciso un pensionato che s’era sottoposto a intervento chirurgico di tipo ortopedico. E le conclusioni dei due periti incaricati dal giudice, già in apertura, gettano che ombre sugli imputati. «Si sono palesati profili di responsabilità a vari livelli nella gestione del paziente, a partire dalla determinazione del gruppo sanguigno sino alla emotrasfusione errata che ha determinato l’innesco di un grave quadro clinico che, in ultimo, ha determinato il decesso del paziente», hanno dedotto il medico legale dell’Università di Palermo, Edoardo Scalici e l'ematologo Carlo Grassia. A Giulietti, infatti, sarebbe stato somministrato sangue di gruppo "ARh positivo", invece che gruppo "BRh positivo", arrivato dal centro trasfusionale di San Cataldo. Alla base dell’errore fatale vi sarebbe stato uno scambio di provette poi mandate in laboratorio.
Lo scambio avrebbe riguardato il gruppo sanguigno dello stesso pensionato e una donna ricoverata nel letto accanto. «Da ciò è derivato un primo errore» hanno evidenziato i periti del giudice. Poi, altro passaggio ”incriminato”, il laboratorio di analisi di San Cataldo avrebbe erroneamente accertato la compatibilità del gruppo del ricevente «A» con il sangue di Giulietti, quest’ultimo, invece, «B». E non è tutto, perché gli stessi esperti del giudice hanno dedotto che «anche in questo caso si è verificato un errore da parte dei sanitari, perché il paziente non necessitava di alcun trattamento trasfusionale. Errore non imputabile agli ortopedicici, che si basavano su precedenti esami, ma al presumibile scambio di provette avvenuto precedentemente». L’aspetto che, di contro, Scalici e Grassia hanno ritenuto corretto nell’atteggiamento dei medici è la sospensione della trasfusione dalla prima sacca nel momento in cui Giulietti cominciò ad avvertire malessere.
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