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Capaci bis, il procuratore Bertone: "Confermata la tesi dell'accusa"

CALTANISSETTA. “E’ una sentenza che riconosce le ragioni dell’accusa anche se per una posizione c’è stata un’assoluzione ma aspettiamo di leggere le motivazioni della sentenza, ma siamo soddisfatti”. E’ quanto ha dichiarato il procuratore Capo Amedeo Bertone, presente in aula al momento della lettura della sentenza sul secondo processo che si è appena concluso davanti la Corte d’Assise di Caltanissetta con quattro ergastoli e un’assoluzione.

 

“Senz’altro all’esito del giudizio – ha detto Bertone – possiamo confermare che le dichiarazioni di Tranchina ma soprattutto quelle di Spatuzza hanno retto”. A proposito invece di un “Capaci Ter”, il procuratore ha confermato che “la Procura di Caltanissetta non risparmierà energie e forze per cercare ulteriori verità in ordine ai fatti”. Soddisfazione è stata espressa anche dall’avvocato Francesco Crescimanno, legale della famiglia Falcone, costituitasi parte civile. “C’è un’assoluzione – ha affermato - per una posizione minore. Tutto quello che andava fatto il tribunale lo ha fatto correttamente. Il castello accusatorio ha retto”.

 


Fondamentali, dunque, in questo secondo processo per l’eccidio della strage di Capaci, iniziato due anni fa - esattamente nel giorno del 22esimo anniversario della strage di Capaci - sarebbero state le rivelazioni dell’ex uomo d’onore di Brancaccio, Gaspare Spatuzza che con le sue dichiarazioni, rese ai magistrati nisseni a partire dal 2008, ha permesso di riaprire un nuovo filone d’indagini. Ha svelato agli inquirenti alcuni particolari, riguardanti la ricostruzione delle responsabilità degli imputati sulle fasi organizzative e sul reperimento dell’esplosivo, per lo più tritolo, utilizzato per far saltare in aria il giudice Falcone, la moglie Francesca Morvillo e la sua scorta. Esplosivo, ricavato in parte, dalle bombe della seconda guerra mondiale, rimaste in fondo al mare, a Porticello.

 

In questo procedimento, non è emersa la presenza di mandanti esterni. Più volte Cosa nostra tentò di uccidere il giudice Falcone, perché considerato un nemico della mafia ma determinanti furono gli esiti del maxi processo. A sentenziare la morte di Giovanni Falcone fu Totò Riina ma la decisione sarebbe stata presa alla fine del 91, nel corso della riunione della Commissione provinciale in occasione degli auguri di Natale.

 

 

 

 

 

 

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