Il Consiglio di giustizia amministrativa per la regione Sicilia, organo d’appello del Tar, presieduto da Rosanna De Nictolis, ha dichiarato inammissibili i tre ricorsi contro il Muos di Niscemi (il sistema di comunicazioni satellitari della Marina militare Usa) che sorge nella riserva naturale della Sughereta, istituita dalla Regione siciliana nel 1997.
Il ricorso era stato presentato da Legambiente, Wwf, Coordinamento dei comitati No Muos, associazione No Muos Sicilia e dal sindaco di Niscemi, città di circa 30 mila abitanti in provincia di Caltanissetta.
Il ricorso al Cga contro il ministero della Difesa e la Regione siciliana e per la revoca delle autorizzazioni all’impianto. Sul Muos di Niscemi sono ancora pendenti due procedimenti penali nati dalla stessa inchiesta: uno a Catania e l’altro a Caltagirone. Davanti la Corte d’appello di Catania si deve discutere il ricorso del procuratore di Caltagirone, Giuseppe Verzera, che ha impugnato la sentenza emessa il 4 aprile 2018 che ha assolto gli imputati perché il fatto non sussiste ritenendo le opere legittime e rigettato la richiesta di confisca della struttura.
La sentenza, col rito abbreviato, è stata emessa dal Tribunale monocratico di Caltagirone nel processo a un dirigente della Regione Siciliana e a tre imprenditori accusati di abusivismo edilizio e violazione della legge ambientale per la costruzione del Muos. E’ ancora in corso davanti al Tribunale monocratico di Caltagirone il processo col rito ordinario, nato dalla stessa inchiesta, a tre imputati accusati, a vario titolo, di abusivismo edilizio e violazione della legge ambientale. Sono Adriana Parisi, responsabile della «Lageco», società che ha costituito l’Ati 'Team Muos Niscemì vincitrice della gara del 26 aprile 2007; il direttore dei lavori Giuseppe Leonardi, e l'imprenditrice Maria Rita Condorello della «Cr Impianti srl».
Dall’inchiesta iniziale è stata stralciata la posizione di un cittadino statunitense, non un militare, Mark Gelsinger, nei confronti del quale procede l’autorità giudiziaria statunitense. Secondo l’accusa, sostenuta dal procuratore di Caltagirone, Giuseppe Verzera, l’impianto sarebbe stato realizzato «senza la prescritta autorizzazione, assunta legittimamente o in difformità da essa».
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