Ventiquattro giovani migranti di uno Sprar di Gela finiranno sulla strada se non interverranno fatti nuovi entro martedì prossimo, data fissata per lo sfratto dall’edificio privato di via Manzoni che li ospita da quando è stato avviato il progetto per la loro formazione professionale, l’integrazione e l’inclusione sociale.
I ragazzi, provenienti tutti dall’Africa, si dicono pronti ad andare a lavorare, a cercarsi un’altra casa o a spostarsi in altre regioni da parenti e amici, ma non dispongono dei soldi necessari perché da sette mesi non percepiscono la diaria statale (pocket money), l’indennità di uscita e di partecipazione a stage e compensi mai liquidati per lavori socialmente utili e corsi di apprendistato. Il comune di Gela dovrebbe erogare loro 700 euro pro-capite ma non ha più soldi da anticipare per conto dello Stato, anche perché un contenzioso tra le due amministrazioni sui conti del 2017 ha bloccato i rimborsi statali per il 2018. E da dicembre sono sospesi tutti i servizi di assistenza. I 24 immigrati, che grazie agli Sprar (ora cancellati dal decreto-sicurezza) hanno potuto imparare la lingua italiana e un mestiere, vivono con gli aiuti della parrocchia Regina Pacis e le offerte della gente.
«Da martedì prossimo - dice il loro coordinatore, Diop Aboubacar - rischiamo di diventare degli homeless sbandati, senza lavoro, senza soldi e senza assistenza».
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