La promessa di rivalutazione del capitale poteva toccare anche la stratosferica quota di oltre il 777 per cento della somma inizialmente investita. Sono altri particolari che emergono tra le pieghe dell'inchiesta della guardia di finanza, ribattezzata «Cashback», che s'è catalizzata su un sociale network, «Amicopolis», che avrebbe proposto pacchetti d'investimento, non autorizzati, con rendimenti sulla carta fuori da ogni logica di mercato.
E sulla stessa piattaforma sarebbe stato possibile anche accumulare crediti e acquistare prodotti da commercianti, pure loro alla fine raggirati. Questo, almeno, è quanto ha ritenuto l'accusa che ha segnalato i tre responsabili (assistiti dall'avvocato Renata Accardi) per autoriciclaggio ed esercizio abusivo dell'intermediazione finanziaria. Finora sono qualcosa come 370, ma forse saranno di più, le denunce di truffa presentate nei confronti della «Amicopolis», la maggior parte delle quali attraverso associazioni di consumatori.
Tra le pieghe dell'indagine delle Fiamme gialle, dirette dal tenente colonnello Eugenio Bua e dal capitano Andrea Giugno - sotto il coordinamento dei sostituti Stefano Sallicano e Nadia Caruso - sarebbero emersi altri elementi che conferirebbero alla vicenda proporzioni smisurate. L'investimento base, il cosiddetto «pacchetto pubblicitario polis», finito pure nel mirino della Consob, avrebbe previsto un investimento di 318,41 euro, o frazioni e multipli della somma.
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