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Pizzo a imprenditore di Riesi, i Cammarata vanno a giudizio

Processo per la famiglia Cammarata di Riesi. Famiglia di sangue e sospetti fiancheggiatori. Sei in tutto, tirati in ballo per richieste di pizzo a un imprenditore, pure lui riesino. Vicenda che, in un'altra tranche processuale, conta pure un settimo imputato che, però, ha chiesto il rito abbreviato e per lui sono stati chiesti sei anni di reclusione.

Il rinvio a giudizio, seguendo la via ordinaria, invece, è stato disposto nei confronti del cinquantottenne capomafia di Cosa nostra, Francesco Cammarata, la moglie, la cinquantottenne Maria Sciacchitano - che si trova adesso agli arresti domiciliari - i loro due figli, Giuseppe e Teresa - ventitreenne il primo, trentenne la giovane (tutti e quattro assistiti dagli avvocati Danilo Tipo e Cinzia Bellomo) sottoposti ad obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e, ancora, la trentasettenne Orazio Migliore (difeso dall'avvocato Flavio Sinatra) agli arresti domiciliari da osservare a Butera e il cinquantacinquenne Giuseppe Montedoro (assistito dall'avvocato Giovanni Maggio) che è già tornato un uomo libero.

Per i primi cinque, nel dicembre dello scorso anno, su richiesta della direzione distrettuale antimafia nissena, è stata disposta la custodia cautelare in carcere e poi alcuni provvedimenti sono stati in parte o in tutto revocati. L'ultimo, Montedoro, è andato invece agli arresti domiciliari per poi riottenere la libertà.

A loro carico il sostituto procuratore Maurizio Bonaccorso, adesso, ha chiesto e ottenuto dal gup Valentina Balbo un processo che dovrà istruirsi per le ipotesi di estorsione continuata ed aggravata dai metodi mafiosi ai danni di un imprenditore riesino.

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