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Racket e mafia a San Cataldo Il pm: confermare le condanne

Niente sconti. Per la Procura generale restano colpevoli. E, rimarcando questa tesi, la naturale conclusione s'è concretizzata in una richiesta di conferma delle condanne.

Nell'emissione, chiesta ieri in aula, di un verdetto che rappresenti l'esatta fotocopia di quanto sentenziato al termine del primo grado del giudizio. Quando tutti e otto sono stati giudicati colpevoli di agganci più o meno solidi con la mafia sancataldese e di estorsione. E ieri la Procura generale al termine del suo intervento ha chiesto otto condanne.

Con un distinguo che ricalca esattamente la conclusione al termine del primo passaggio in aula. In dettaglio, sono stati ancora proposti un anno in continuazione con la sentenza del processo «Kalyroon» nei confronti del cinquantunenne Calogero Maurizio Di Vita (assistito dall'avvocato Dino Milazzo) ritenuto uomo di spicco in Cosa nostra a San Cataldo; 4 anni e 2 mesi e 1.000 euro di multa per il quarantaquattrenne Alessandro Scalzo (difeso dall'avvocato Calogero Vinci); 5 anni e 8 mesi e 1.400 euro di multa a testa per il ventinovenne Salvatore «Maratina» Raimondi, il quarantenne Angelo Giumento (assistiti dall'avvocato Giuseppe Dacquì), il ventinovenne Ivan Cristian Callari (difeso dagli avvocati Angelo ed Ennio També); e con 9 anni di reclusione e 2.400 euro di multa ciascuno per il cinquantaquattrenne Luigi Vivacqua (difeso dall'avvocato Sergio Iacona), il cinquantanovenne Gioacchino Chitè (difeso dagli avvocati Gianluca Amico e Salvatore Baglio) e il quarantaseienne Massimo Scalzo (difeso dall'avvocato Torquato Tasso).

L'articolo nell'edizione di Caltanissetta del Giornale di Sicilia

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