È stato condannato a 26 anni di carcere Giuseppe Cauchi, imprenditore originario di Gela e a lungo residente nella zona di Busto Arsizio processato per un omicidio commesso in Piemonte, quello di Matteo Mendola, anche lui originario di Gela e trapiantato nel Nord Ovest, ucciso a colpi di pistola nei boschi di Varallo Pombia il 4 aprile 2017. In primo grado, il 22 novembre 2019, Cauchi era stato assolto.
Cauchi, che si era sempre proclamato innocente, è stato chiamato in causa dalla sentenza della corte di Assise di Appello di Torino come presunto mandante del delitto, il cui movente, secondo gli inquirenti, è da ricercare in una questione di debiti. I due presunti autori materiali sono stati giudicati e condannati in procedimenti diversi. Mendola sarebbe stato attirato nei boschi con il pretesto di compiere un furto e quindi ucciso con quelle che il procuratore generale Carlo Maria Pellicano ha definito «modalità barbare» che «ricordano una scena macabra della serie tv Fargo».
«Abbiamo sempre fermamente creduto - ha commentato dopo la sentenza Pellicano, che in aula ha sostenuto l’accusa insieme al collega Mario Andrigo - in quello che facevamo. Pensiamo di avere fatto emergere tutte le lacune della sentenza di primo grado e di averle colmate alla luce degli indizi raccolti». I familiari di Mendola si sono costituiti parte civile e hanno ottenuto delle provvisionali che in totale ammontano a 390 mila euro. «Mio fratello ha avuto giustizia», ha commentato uno di loro lasciando il Palazzo di Giustizia di Torino insieme al suo legale Anna Maria Brusa.
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