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Il tentato omicidio di Gela, i due arresti effettuati anche senza l'aiuto della vittima

L'uomo ferito è stato sottoposto a intercettazioni, le sue conversazioni hanno permesso di chiudere il cerchio sui presunti responsabili della sparatoria di un anno fa in via Rio de Janeiro

Anche in assenza di collaborazione da parte della vittima, i carabinieri del reparto territoriale di Gela e del reparto operativo di Caltanissetta, ad un anno di distanza, hanno fatto luce sull'agguato scattato in via Rio de Janeiro, nel quartiere di Gela chiamato Bronx. I militari dell’Arma, nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Procura di Caltanissetta, hanno così potuto eseguire due misure di custodia cautelare, emesse dal gip del Tribunale nisseno, Emanuela Carrabotta. Gli indagati sono Luigi La Cognata di 59 anni e suo genero, Calogero Pirrone di 40 anni, personaggi noti alle forze dell’ordine e accusati di tentato omicidio.

L’agguato risale al 20 giugno 2022, quando un quarantunenne, anche lui molto noto alle forze dell’ordine per i suoi precedenti penali, venne ferito a colpi di pistola mentre era nei pressi della sua abitazione. In quella circostanza, secondo i gravi indizi ritenuti dal gip, La Cognata avrebbe esploso quattro colpi di pistola ferendo la vittima al fianco sinistro, all’addome e alla spalla sinistra. Il suo complice invece, mentre La Cognata esplodeva i colpi di pistola, avrebbe bloccato la vittima. L’agguato sarebbe scattato per una lite, avvenuta la sera precedente, tra il fratello della vittima ed il figlio di La Cognata. Dissidi che sarebbero andati avanti da tempo.

Il quarantunenne venne trasportato all’ospedale Vittorio Emanuele e sottoposto ad un intervento chirurgico. Le indagini, condotte dai militari del nucleo operativo e radiomobile dei carabinieri di Gela e dal reparto operativo di Caltanissetta, hanno permesso di raccogliere gravi indizi sul conto delle persone indagate per i reati di tentato omicidio in concorso e porto abusivo di una pistola, ed entrambi sono stati raggiunti da misure restrittive personali. Per il cinquantanovenne è stata disposta la custodia in carcere, mentre per il quarantenne gli arresti domiciliari.

I carabinieri hanno seguito i vari movimenti della vittima, lo hanno sottoposto ad intercettazioni, ascoltato le sue conversazioni e hanno chiuso il cerchio ricostruendo l’esatta dinamica di quanto è successo. Da parte della vittima, finita in ospedale, nel momento in cui venne ferita, nessuna forma di collaborazione. Agli inquirenti non avrebbe fornito nessun elemento utile per far luce sulle indagini. Non riferì nulla agli inquirenti sui presunti autori materiali del gesto, né sul movente. Ma adesso è arrivata la svolta. La vittima dichiarò agli inquirenti che anche lui avrebbe puntato una pistola alla testa del suo aggressore, ma senza aprire il fuoco e di essersi disfatto dell’arma subito dopo, gettandola in mare, all’altezza della piazza Tre Porte, al lungomare. Una dichiarazione che, però, non ha trovato nessun riscontro nel corso delle indagini. Le indagini si sono focalizzate, sin dalle prime battute sulla vittima e sulle sue conversazioni con alcuni familiari a lui molto stretti. È stato lo stesso quarantunenne a portare gli inquirenti sulla strada giusta e a scoprire i presunti autori materiali dell’agguato scattato nei suoi confronti.

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