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Stidda di Mazzarino, carcere a vita per il boss e la moglie: condannati altri 15, ecco chi sono

Salvatore Sanfilippo e Beatrice Medicea al processo Chimera rispondono di due lupare bianche. Sei le assoluzioni

Il Palazzo di giustizia di Caltanissetta

Ergastolo per il sessantenne capomafia stiddaro Salvatore Sanfilippo e la moglie Beatrice Medicea, 57 anni, al processo Chimera che si è svolto in abbreviato davanti al gup del tribunale di Caltanissetta. Nel drappello d’imputati sono i soli a rispondere di due lupare bianche, una nel 1984 con la sparizione di Benedetto Bonaffini, l’altra nel 1991 con vittima Luigi La Bella prima torturato e poi assassinato. Il processo riguarda la cosca della Stidda di Mazzarino, centro di undicimila abitanti della provincia nissena.

Le altre condanne sono piovute su Paolo «Siviglia» Sanfilippo, nipote del boss della Stidda, con 17 anni e 4 mesi di carcere, Emanuele Brancato, con 16 anni, Marco Gesualdo, 14 anni e 4 mesi, Gianfilippo Fontana, con 15 anni e 6 mesi, Silvia Catania, 12 anni e 8 mesi, Paolo Di Mattia, 4 anni e 1 mese, Ludovico Bonifacio, 1 anno, Melina Paternò, 4 anni e 1 mese, Salvatore Di Mattia, 4 anni, Girolamo «Mimmo» Bonanno, con 4 anni, Giuseppe Morgana, 9 anni e 4 mesi, Salvatore Adamo Sanfilippo, 4 anni e 10 mesi, Salvatore Strazzanti «U torinese», 9 mesi, Salvatore Giarratana, 2 anni e 8 mesi, e Gianpaolo Ragusa, condannato a 2 anni. Assolti Massimiliano Cammarata, Luca Guerra, Valentina Guerra, Grazia Minischetti, Rocco Marano e Maria Sanfilippo. Deceduto Filippo Verga.

A carico del plotoncino d’imputati i pm della Direzione distrettuale antimafia nissena, Claudia Pasciuti e Davide Spina, hanno ipotizzato i reati, a vario titolo, di omicidio – solo per il boss Salvatore Sanfilippo e la moglie Beatrice Medicea –, associazione mafiosa, estorsioni sia consumate che tentate, armi e traffico di droga aggravati dal metodo mafioso. Due le parti civili in questo procedimento, ossia Giuseppe Campisi e il ministero dell’Interno.

Nel gran calderone dell’inchiesta dei carabinieri andata avanti per quattro anni, nome in codice «Chimera», nel settembre di due anni fa, sono finiti una sessantina di nomi, di cui una cinquantina destinatari di provvedimenti cautelari. L’indagine si è catalizzata sui presunti affari sporchi del boss mazzarinese Salvatore Sanfilippo e, sostanzialmente, di tutta la sua famiglia di sangue, tirata in ballo per una miriade di episodi. Una decina e anche più le estorsioni al centro del fascicolo, i cui guadagni sarebbero serviti anche per sostentare i familiari degli affiliati in carcere. E poi il traffico di droga, la disponibilità di armi e i due delitti maturati nella faida tra gli anni Ottanta e Novanta.

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